Cinema e salute, le scene scioccanti che provocano sollievo

Cinema / News - 13 January 2017 07:30

Alcune scene di film per il loro afflato scioccante provocano turbamento e sollievo dello spettatore. È un particolare tipo di neurone che provoca questa reazione. Mauxa prosegue la sua indagin

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Film Mondocane - video

Una donna è seduta in una capanna, vicina ad un tavolo. Legge un libro, accanto a lei c’è un pianoforte. All’improvviso entra un uomo infuriato, imbraccia un’accetta e colpisce il tavolo. La donna lo guarda, non dice nulla. È impaurita e si accosta alla porta. “Perché? Mi fidavo”, urla l’uomo. Lui si sposta e colpisce con l’ascia il pianoforte, la donna si scaglia contro lui per cercare di fermarlo ma la lama è conficcata nel legno.

L’uomo afferra la donna e la trascina fuori, mentre urla: “Perché mi obblighi a farti del male?”. La getta per terra e cerca di baciarla: “Potevamo essere felici?” sussurra. Lei non risponde.

La conduce sull'erba, piove, il fango copre l’abito della donna. Una bambina accorre e vede la scena. “Mi hai mentito”, grida lui. Lui stringe il braccio della donna e lo posa sopra un ceppo. Lei si divincola ma lui lo appoggia con forza sopra il legno. “Lo ami?”, chiede lui. Lei non risponde, stringe con l’altra mano la camicia dell’uomo. Lui alza l’ascia, la fa cadere sul dito della donna. Lei guarda davanti a sé. Sulla camicia bianca della bambina si colora un getto di sangue.

La scena è conturbante, soprattutto se pensiamo che la donna - Ada McGrath - è muta, e può comunicare solo suonando il pianoforte. Lei ha tradito il marito con un altro uomo dell’isola, e questo è l’effetto.

Una scena simile, tratta dal film “Lezioni di piano” (1993) di Jane Campion risveglia in chi la guarda varie sensazioni: quella della violenza su una donna, della ingiustizia nel perdere lo strumento che serve per condurre una propria passione (il dito), assommata a quella per il fatto che tale mezzo sia anche l’unico che permette di comunicare.

Tre aspetti che si riuniscono in pochi fotogrammi, e per la serie di racconti che stiamo conducendo su come il cinema influenzi lo spettatore dal punto di vista emotivo si collegano con la teoria della catarsi che si ha nel cinema (leggi l’articolo su come i film permeano i nostri sogni).

In realtà dal punto di vista neurologico questa catarsi ha una motivazione più dettagliata. Essa è possibile attraverso l’accensione dei neuroni specchio, localizzati nelle regioni frontali inferiori del cervello. Quando un individuo compie un’azione i neuroni specchio si attivano: se una persona accanto a lui osserva l’azione, anche i suoi si attivano. Quindi se il gesto è uno, i neuroni sono attivati in due soggetti diversi, in chi lo esegue e in chi lo guarda  (leggi l'articolo su "Come stare meglio grazie ai film").

Al cinema è stato approfondito questo aspetto, perché in presenza di alcune scene che coinvolgono in maniera globale - come in quella di “Lezioni di piano” - i neuroni specchio si attivano come se fossimo noi stessi a vivere quelle scene. Quindi siamo noi a emulare quelle sensazioni, della giovane Ada McGrath amputata non solo nella mano.

Al di là delle implicazioni in ambito medico - poiché con questi studi si gettano le basi per indagare i processi neurali responsabili dei rapporti fra le persone - è la presenza di queste scene che coinvolgono a permettere di poter “evadere” psicologicamente vivendo “come in uno specchio”. Un’altra scena è quella di “Shining”, in cui un padre cerca di uccidere il figlio, “The Neon Demon” con l’ossessione della bellezza, “Lo scafandro e la farfalla” dove solo con il battito degli occhi si riesce a scrivere un libro, “Memento” dove l’amnesia è curata con il corpo, “Niagara” dove l’ansia di tradimento si scontra con il maestoso salto d’acqua, “Amore ed altri rimedi” in cui l’amore non teme l’impedimento del Parkinson in una giovane donna, “La donna che visse due volte” con la paura di cadere, “Rosemary’s baby” dove ci si chiede se siamo pazzi.

Abbiamo chiesto a Fulvia Salvi, presidente di Medicinema Italia Onlus come si concili questo processo con la loro attività. “La programmazione dei film viene definita in base all'utenza ospedaliera e al bisogno di sostegno psicologico necessario - ci dice Fulvia - Lavoriamo su calendari articolati sulle finalità di cura come lo stimolo al ricordo ed alla memoria , il sostegno e rafforzamento dell'identità o il rilassamento con film mirati e ben scelti. Nulla è casuale. Quindi valgono sia blockbuster che film datati”.

All’interno del progetto Medicinema i film sono proiettati in vari ospedali, tra cui il Policlinico Gemelli di Roma e l’Ospedale Niguarda di Milano. Tra essi ci sono “Scialla!”, “Inside Out”, “Cattivissimo me”, “Amore, cucina e curry”, “Animali fantastici e dove trovarli”. A Londra, al St. Thomas' Hospital si va da “Sully” a “The Accountant”.

La scelta dei film è accurata: “Il lavoro viene svolto in stretta collaborazione con l'apparato ospedaliero - continua Fulvia - i medici e gli psicologi i quali supervisionano e convalidano le scelte filmiche da noi proposte. Queste scelte sono collegate inoltre ad un monitoraggio costante sui pazienti, operato per mezzo di test psicologici svolti da un team ospedaliero. Si misurano gli effetti positivi che una proiezione filmica può generare sui pazienti, come ad esempio la riduzione di ansia e stress”.

La terapia del sollievo diviene quindi essenziale, veicolata attraverso la forma di comunicazione che coinvolge più sensi rispetto alle altre. “La finalità è di poter ‘curare’ alcune patologie neurologiche attraverso l'utilizzo del contenuto filmico e più in generale della cultura - spiega Fulvia - MediCinema sta sperimentando la positività di questo strumento da alcuni anni e procederà nel piano di crescita con l'estensione della programmazione filmica ai laboratori creativi con cinema e arte, proprio per completare un percorso terapeutico che possa essere di valido supporto nel trattamento dei deficit mentali e neurologici, o nel recupero sociale”.

La ricerca di cui abbiamo parlato sui neuroni specchio, anche per questo tipo di attività si sviluppa oltre il momento della fruizione: “C’è un monitoraggio che rientra nel programma di studio che abbiamo iniziato quest'anno e che procederà su vari livelli di indagine nei prossimi anni”.

Accade così che è il tempo di visione del film, misurato in minuti e ore a delineare il percorso di sollievo: “I pazienti sono piacevolmente sorpresi e durante le due ore trascorse nello spazio cinema dimenticano spesso di essere in ospedale. Alcuni dichiarano di non sentire il dolore e questo appuntamento settimanale per bimbi e adulti diventa un momento di grande sollievo, svago e socializzazione, molto atteso da tutti”.

Più il film presenta scene coinvolgenti, più l’attivazione degli stessi neuroni specchio si prolunga. E con essi il sollievo dello spettatore.

© Riproduzione riservata


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