Recensione del film Florence
Cinema / Recensione - 21 December 2016 07:30
"Florence" è il film di Stephen Frears con Meryl Streep e Hugh Grant, tratto da una storia vera.
Florence (“Florence Foster Jenkins”) è il film commedia di Stephen Frears con Meryl Streep, Hugh Grant, Simon Helberg e Rebecca Ferguson.
All’inizio vediamo Florence vestita da angelo scendere dall’alto del palcoscenico: solo un’attrice come la Streep poteva possedere la versatilità di mettersi in gioco per qualsiasi boutade.
Florence si rade i capelli, pur di indossare comodamente le parrucche. “Riesci ad immaginare com’e dev’essere tenere quasi 3000 persone nel palmo della mano”, dice al marito St. Clair Bayfield, evidenziando che è più il desiderio di influire sulle persone che mettere in luce le proprie capacità canore.
Florence Foster Jenkins pur non avendo capacità canore si esibisce ad un ristretto numero di persone. “È meglio stare senza pane che senza Mozart”, afferma al pianista Cosmé McMoon, che è interpretato da Simon Helberg (Howard Wolowitz di “Bing Bang Theory”). Da bambina volle studiare canto, il padre la dissuase e grazie all’eredità lasciatale poté prendere di nuovo le ambite lezioni.
Il regista Stephen Frear sa dosare dettagli e scene di azione, che in una vicenda simile - tratta da una storia vera - è necessaria. Non è facile neanche cantare malamente, ma Meryl Streep riesce in questa performance: “Alza il palato molle - consiglia il docente - c’è da lavorarci. Ma non hai mai cantato meglio di così”. Così restituisce la fiducia a Florence.
Esemplare è il modo in cui tutti la assecondano, e con una mimica allusiva Clair Bayfield riesce a restituire questo senso di protezione. Solo con un cast di attori tanto fluido era possibile ciò: il senso di protezione di Bayfield - un istrionico Hugh Grant - è l’altro aspetto del film, che Frears ripropone dopo “Lady Henderson presenta” (2005), “The Queen - La regina” (2006), “Philomena” (2013).
La prima volta che appare sul vasto palco, il pubblico la asseconda. Una donna camicia a sghignazzare ed è accompagnata fuori. Gli altri nascondono le risate ma alla fine chiedono addirittura il bis.
Al di là delle performance, è il contorno ad essere essenziale: lo status di Florence la porta ad essere accettata. Ed il film diventa anche la storia di come essere una persona influente faccia convergere doti inesistenti. E il riflesso attuale, che virato nella musica mostra come l’uso di un mezzo - ad esempio quello televisivo - crei talenti con poche qualità. E anche le recensioni vengono pilotate, tanto che Clair Bayfield riesce a convincere i giornalisti a giudicare in maniera positiva la performance.
Nulla quindi sarebbe possibile senza il marito, Clair Bayfield che la compiace, crea un mondo dorato per lei, fittizio ma reale. Al nuovo concerto il teatro è colmo di spettatori, tra marinai venuti per guardare i décolleté delle ospiti e avventori: “quegli uomini vengono dalla guerra - dice Clair a Florence spaventata - puoi sanarli, coniglietta”. E anche il pianista Cosmé McMoon - riluttante - accetta grazie ad un codicillo sul testamento di Florence. Anche lui è incredulo: “Ho suonato al Carnegie Hall”, dice. Neanche il titolo del giornale, “Peggior cantante dell’anno” riesce a demordere Clair: lui compra tutte le copie del quotidiano. Una tacita connivenza tra i due che richiama le trame de "Le relazioni pericolose" (1988).
Devozione verso i propri obbiettivi e aiuto di persone vicine: è questo il racconto magistrale che propone Stephen Frears.
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