L'uguaglianza tra donna e uomo: Lidia Poët, prima avvocatessa d'Italia

Daily / Editoriali - 11 September 2020 15:00

Lidia Poët è stata la prima donna avvocatessa in Italia

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Lidia Poët nasce a Perrero di Torino il 26 agosto del 1855. Trascorre l'infanzia a Traverse di Perrero, poi si trasferisce a Pinerolo dal fratello maggiore Giovanni Enrico Poët per studiare come insegnante. Decide di apprendere il tedesco e l'inglese in Svizzera e torna dal fratello a Pinerolo, che nel frattempo è un avvocato che esercita la professione. Quindi, Lidia Poët si iscrive alla facoltà di giurisprudenza all'Università di Torino. La laurea in legge, conseguita a pieni voti, arriva nel 1881 con una tesi sul diritto di voto alle donne, è seguita dal brillante praticantato nel rinomato studio legale del senatore Cesare Bertea a Pinerolo e dall'iscrizione all'albo dei procuratori legali dell'Ordine torinese degli avvocati il 9 agosto 1883. Passeranno tre decenni, prima che questa donna straordinaria possa ottenere il riconoscimento di avvocato. E lei è la prima avvocatessa in Italia, nonostante le difficoltà e lo scandalo suscitato all'epoca, di cui parleremo più avanti. Lidia Poët non si è mai arresa. Certo, ha una famiglia benestante alle spalle - rampolla di una famiglia di proprietari terrieri, perde il padre quando ha 17 anni - che non ostacola le sue decisioni. Tuttavia, si distingue: talmente brillante, determinata, coraggiosa.


L'uguaglianza tra donna e uomo: Lidia Poët, prima avvocatessa d'Italia

Durante la Prima guerra mondiale, è in prima linea come infermiera della Croce Rossa Italiana. Per tutta la vita collaborerà nello studio del fratello, affrontando viaggi professionali, esercitando la professione, seppure indirettamente, in difesa delle categorie più deboli: le donne, i minori, gli emarginati. Non si è mai sposata e non ha avuto figli.

Lidia Poët muore a Diano Marina, all'età di 94 anni, il 25 febbraio 1949.

La parità dei diritti tra uomo e donna: il diritto di voto

Se consideriamo che il diritto di voto per le donne è stato istituito nel 1945, possiamo ben immaginare come venne vista dall’opinione pubblica l’iscrizione nell’albo forense di una donna sul finire dell’Ottocento italiano. In quegli anni non c’era una legge che impediva alle donne di iscriversi all’albo, ma quel gesto venne considerato talmente irriverente da essere impugnato dal Procuratore del Re e la Corte di Cassazione di Torino - all’epoca la Suprema Corte di Cassazione non era unica - con sentenza del 18 aprile 1884 che annuncia testualmente “La donna non può esercitare l’avvocatura”. Sebbene lo Statuto Albertino ammettesse l’uguaglianza dei sudditi dinanzi alla legge, quella della donna era stata definita, dagli allora giudici, una ineguaglianza naturale che non rientrava nei principi della allora costituzione del Regno di d’Italia. Una decisione che rimandò l’accesso alla professione delle donne per più di trent’anni, mentre Lidia Poët si impegnava nella lotta per vedere riconosciuto il diritto di voto delle donne. Quando finalmente venne riconosciuto il diritto di accesso alle professioni delle donne era ormai il 1919 e Lidia Poët
aveva 64 anni, ma divenne ugualmente la prima avvocatessa d’Italia.

Lidia Poët e i motivi dell'esclusione dall'Ordine degli Avvocati: la Prima Guerra Mondiale

Prima di raggiungere tale obiettivo, lavorò come detto nello studio del fratello. Il clangore mediatico della sua tenacia portò venticinque giornali italiani a sostenere le sue posizioni, mentre solo tre furono contrari. Ricevette l’appoggio della statunitense Clara Shortridge Foltz, prima donna avvocato della West Coast e la pioniera dell'idea del difensore pubblico: la Foltz divenne avvocato nel 1878.
Un insegnante dell'Università di Padova intervistò il ministro newyorchese – e residente a Roma - William Waldorf Astor, il quale confermava che "l'opinione pubblica americana non era favorevole all'esercizio delle professioni da parte delle donne, in quanto le donne medici, avvocati, ecc., praticando in America, non appartengono né all'aristocrazia del denaro, né a quella dell'intelletto”. Eppure, Lidia Poët come vicepresidente della sezione di diritto era stata anche invitata a Parigi dal Governo francese, il quale l'aveva nominata  Officier d'Académie con la palma d’argento: l’onorificenza è concessa a insegnanti, accademici e personalità che si sono distinte per il loro "servizio eminente".

Non potendo esercitare la professione come desiderava, Lidia Poët si gettò nel lavoro di volontaria: allo scoppio della Prima guerra mondiale entrò nel corpo della Croce Rossa, e per il suo impegno ricevette la medaglia d'argento.

Si comprende come la posizione di Lidia Poët fosse all’avanguardia, tanto che per lei il diritto di voto alle donne - argomento della sua tesi di laurea - era un elemento basilare, e la sua preclusione non aveva a che fare con nulla di carattere medico: le donne a causa del ciclo mestruale, infatti, non avrebbero avuto – almeno una settimana al mese – la giusta capacità di giudizio nei casi di cui si sarebbero dovute occupare. Se divenne avvocato solo nel 1920, dopo l'abolizione dell’Autorizzazione maritale – istituita da Napoleone nel 1804 –, si comprende anche il motivo per cui non si sposò mai.

La vita privata di Lidia Poët

Non si conosce molto della vita privata di Lidia Poët, trasferitasi all'età di 13 anni a Pinerolo. Lo storico e docente universitario di Storia di Architettura Contemporanea, Corrado Gavinelli, trova, nel 2007, tre lettere di Edmondo De Amicis, celebre scrittore legato a Torino e Pinerolo, indirizzate a lei. Lettere pubblicate nel Bollettino della Società Storica Pinerolese. Si evince una corrispondenza epistolare, di cui tuttavia mancano le lettere di Lidia, nel segno di un'amicizia tra due intellettuali di spessore. Nel 1897, lo scrittore le confida una stanchezza di fondo, dovuta agli impegni professionali e, probabilmente, gravata anche dalla logorata routine famigliare. L'anno successivo, infatti, si suicida il figlio maggiore Furio. E De Amicis si separa dalla moglie Teresa Boassi.

La Corte di Cassazione nel 1884 sancisce la disparità tra uomo e donna

Lidia Poët è stata la dimostrazione di come la disparità di genere sia stata prima ancora che un problema di civile convivenza e complementarità un difetto di legislazione, un precetto se non normativo comunque riconosciuto ed avvertito dalla allora opera giurisdizionale come morale fondamento della società. D’altra parte la sentenza della Corte di Cassazione di Torino del 1884 sembra essere stata l’espressione di un esercizio di stile con l’intento di mantenere inalterato l’equilibrio delle classi sociali, un esercizio supportato dalla allora opinione pubblica che vedeva l’ingresso di una donna in una professione definita "funzione di ragion pubblica" come un fatto indecoroso. Basta comunque leggere un estratto delle motivazioni della predetta sentenza per comprendere l’arretratezza ottocentesca delle istituzioni: “Lo Stato nella sua sociale e politica organizzazione, e l’amministrazione di quanto s’attene alla cosa pubblica, hanno sempre avuto e mantengono tuttora nella loro essenza, un carattere virile prevalente così manifestamente decisivo che le donne non vi possono avere una parte attiva troppo estesa. D’altra parte, bisogna pur ammettere, che le leggi loro accordano certi privilegi e le escludono da certi e più gravi doveri in considerazione del loro sesso e della loro missione”. Tale riportato estratto dimostra come, sebbene non vi fosse alcun precetto che vietasse alle donne di far parte dell’Ordine degli avvocati e lo Statuto Albertino riconoscesse l’eguaglianza di tutti i sudditi, venne affermata una diseguaglianza di genere in relazione alla natura della donna e alla sua missione nella società, considerata come genitrice ancor prima che soggetto di diritti umani.

L'uguaglianza nella carriera tra uomo e donna: la Covid-19 e l'esempio di Lidia Poët

Da una parte, l'esempio di Lidia Poët pare aver condotto ad un'emancipazione della donna inatteso: nei ruoli apicali ci sono spesso donne, basti pensare ad Angela Merkel, Cancelliera federale della Germania; Fabiola Gianotti, la fisica italiana direttrice generale del CERN di Ginevra; Samantha Cristoforetti , la prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea; Kamala Devi Harris, la senatrice statunitense scelta dal candidato democratico Joe Biden come candidata vicepresidente in vista delle elezioni presidenziali. 

Tuttavia, nel quotidiano la situazione è diversa. Secondo l'indagine Istat del 2019, il tasso di occupazione delle donne è del 49,5% contro il 67,6% degli uomini. Anche negli Stati Uniti la situazione non è migliore: un rapporto di luglio 2020 del McKinsey Global Institute ha affermato che le donne rappresentano il 54% delle perdite complessive di posti di lavoro durante la crisi COVID-19 e continuano a sostenere più del carico, a causa dell'assistenza ai bambini e agli anziani, con i posti di lavoro che sono al 19% più a rischio rispetto agli uomini. Questo perché maggiore è il numero delle donne impiegate in settori duramente colpiti come la ristorazione e l'ospitalità. Per ogni dollaro guadagnato da un uomo bianco, le donne nere guadagnano 0,62 dollari. Questo autunno, poiché molte scuole statunitensi saranno chiuse, optando per l'apprendimento online, le madri lavoratrici potrebbero essere costrette a fare un passo indietro nella loro carriera, prendendo giorni di malattia o abbandonare completamente la forza lavoro.
Di recente, una giovane donna, la modella armena Armine Harutyunyan per la sua “bellezza diversa” è stata vittima di haters non solo maschili, ma anche femminili: su di lei si è creato un body shaming, proprio per quell'aspetto che non dovrebbe discriminare, ovvero il corpo. C'è chi con dei meme l'ha avvicinata a Mariangela Fantozzi, la figlia del personaggio che lui chiamava “babbuina” invece che “bambina”. Lo stesso corpo su cui Lidia Poët si batteva. Risuona così ancora attuale ciò che scrisse nel 1881 il giornale femminile La Donna riguardo alla laurea  in Giurisprudenza della Poët: “Ha dimostrato di superare tutti gli ostacoli che ancora si oppongono alla donna, perché ella possa adoperarsi (…) a quegli studi che furono e purtroppo sono ancora riservati esclusivamente all'essere privilegiato che si chiama uomo”.  


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