Venezia 81: recensione film After Party, esordio tagliente

Cinema / Recensione - 03 September 2024 19:00

Scopri la recensione di After Party, il film fuori concorso a Venezia 81 con Eliška Bašusová: trama, cast, critica

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Jindřiška (Eliška Bašusová) è una giovane che una mattina vede gli ufficiali giudiziari pignorare gli oggetti della casa, dai mobili ai quadri, fino alla macchinetta del caffè. Il suo mondo vitreo, fatto di feste con gli amici, confidenze con la fraterna Karolina (Anna Perinová), s’infrange, e lei si arraffa per risolvere la situazione.

Decide di traslocare alcuni mobili proprio da Karolina, cosicché gli ufficiali non li trovino. Ma la situazione degenera, in poche ore Jindřiška comprende che il padre (Jan Zadrazil) è troppo indebitato, tanto che due creditori la minacciano.


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Quello che parte come un teen movie, travalica in un film in cui le colpe dei genitori ricadono sui figli. Il genere narrativo young-adult è stravolto in questo film, proprio perché interferisce con ciò che il padre ha macchinato, tra acquisti di terreni e investimenti sbagliati. Lui stesso si fa poi avanti con la figlia, e le propone di contrarre un prestito a nome di lei, cosicché possa completare gli investimenti. “Li restituirò in due o tre settimane” promette alla figlia, e queste parole pronunciate da colui che dovrebbe proteggere Jindřiška, risultano ancora più taglienti. Il padre fa leva sul senso di responsabilità della figlia, tanto che – non accontentandosi di 350 mila corone – le fa contrarre un altro prestito da un amico. “Se tuo padre non restituirà i soldi, la responsabilità sarà tua” spiega l’uomo alla giovane. Così il tema del denaro che rende mendaci i legami affettivi, in After Party assume una forma più tetra.


I pregi del film After Party

La regista Vojtĕch Strakatý riesce nel film d’esordio a dare consistenza ai personaggi, mettendo a fuoco la figura di una giovane in bilico tra senso di appartenenza alla famiglia, e impossibilità di comprendere l’atteggiamento irrazionale del padre. L’unità di tempo aiuta nella maturazione del dolore, esemplificato dal momento in cui il padre – in banca – impone alla figlia di firmare per ottenere il prestito. Lo spettatore si trova a chiedersi cosa avrebbe compiuto se si fosse trovato in una situazione simile: rischiare e firmare, oppure interrompere il giogo vizioso del padre. La regia con la macchia da presa in movimento alimenta ancor più il senso di indecisione, smussato dalla figura dell’amica Karolina, che consiglia a Jindřiška di non porre fiducia nelle parole dell’uomo.

La scena finale, davanti a una piscina, con il padre che guarda la figlia per pochi secondi, è una rara intuizione di eccelsa regia.

© Riproduzione riservata


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