intervista a Gustav Hofer e Luca Ragazzi, autori del film documentario What is Left
Cinema / Intervista - 07 September 2014 08:00
Luca Ragazzi e Gustav Hofer sono i registi e protagonisti di "What is Left?", "Italy: Leave it, or Love it" e "Improvvisamente l'Inverno Scorso", trilogia di pluripremiat
Mauxa intervista Gustav Hofer e Luca Ragazzi, registi, protagonisti e autori del film documentario "What is left?", ma anche dei pluripremiati "Italy: Leave it, or Love it" (2011) - vincitore del premio del pubblico e della giuria al Milano Film Festival all'esordio, più altri numerosi riconoscimenti e premi, come il premio del pubblico al Brussels European Film Festival, il premio della giuria al Baghdad Film Festival, e le vittorie al Mexico City International Film Festival e Salonicco, ottenuti negli oltre duecento festival a cui ha partecipato - e "Improvvisamente L'Inverno Scorso" (2008), menzione speciale della giuria al festival di Berlino e Nastro d'Argento per il miglior documentario nel 2009, e oltre duecento partecipazioni ai festival di tutto il mondo.
I documentari di Gustav e Luca nascono sempre da domande personali, dai diritti delle coppie gay di “Improvvisamente l'Inverno Scorso” alla fatidica domanda di “Italy: Love it, or Leave it”, fino a “What is Left?”, film documentario che si chiede che fine abbia fatto la sinistra in Italia. Domanda questa che riguarda tutto l'elettorato italiano che, come i sei personaggi pirandelliani, se non proprio alla ricerca di un autore, era alla ricerca di un leader, un uomo capace di guidare il PD alla vittoria nelle elezioni politiche del 2013. Il risultato di quelle elezioni lo conosciamo tutti e, dopo aver passato anni di frustrazione a causa delle continue vittorie di Silivo Berlusconi, gli elettori di sinistra hanno questa volta dovuto fare i conti con la rapida e imponente ascesa del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Attraverso una serie di incontri e situazioni paradossali, al limite dell'inverosimile, in "What is Left?" Gustav e Luca cercano di capire cosa non ha funzionato all'interno della sinistra nel 2013, l'anno che, tutto sommato, ha rappresentato una svolta per il PD, anche se di segno decisamente opposto a quello che molti avevano sperato
D - Iniziamo dal titolo, perché “What is left?”
R - Il gioco di parole di What is left? (letteralmente:cos'è la sinistra ma anche cos'è rimasto) era intraducibile in italiano, così come “Italy: love it, or leave it” in inglese suona meglio che "Italia amala o lasciala" … e poi è più comodo avere un titolo internazionale così si può fare la promozione contemporaneamente per l'Italia e per l'estero
D – Con Renzi, com'è cambiata la situazione? Cos'è la sinistra in Italia e cos'è rimasto?
R - Nel nostro documentario abbiamo raccontato cos'è successo alla sinistra italiana nel 2013. Sembra un secolo fa ma era solo l'anno scorso. La situazione, con l'entrata in scena di Renzi e il voto plebiscitario alle Elezioni Europee del maggio scorso, è totalmente cambiata, ma per capire come si è arrivati a questo punto è fondamentale analizzare gli errori fatti. Se Renzi rappresenta una nuova idea di sinistra o la fine della sinistra per come la conosciamo, saranno i posteri a decretarlo
D - Torniamo al film. “What is left?” ha confermato le vostre doti di autori e registi, ottenendo un ottimo successo. Qual è il vostro prossimo step? Avete già in cantiere nuove idee?
R - Al momento stiamo ancora portando “What is left?” in giro per il mondo e per l'Italia; è uscito con successo nei cinema in dieci città tedesche e ha ottenuto recensioni molto favorevoli. Prossimamente dovremo seguire la promozione per l'uscita in Canada dove c'è una grande comunità italiana che ha apprezzato nostri lavori precedenti.
D - E in Italia?
R - Lo abbiamo portato in molti cinema d'essai sopratutto al nord (questo circuito lavora molto bene in Emilia Romagna e in Friuli Venezia Giulia) ma anche cineclub, associazioni culturali, e più raramente in circoli del PD o di SEL. In Italia purtroppo non c'è un'educazione al documentario per cui lo si confonde ancora con il cortometraggio, con il reportage giornalistico o con quello sulla natura. Quando diciamo che facciamo documentari spesso ci chiedono se ci sono delfini o foche monache. Ma sopratutto non c'è spazio: nel palinsesto televisivo c'è solo il giovedì notte di Rai Tre per la versione di 50', questo significa che negli ultimi venti anni non si è educata una nuova generazione alla fruizione del documentario. In Italia, il pubblico che viene a vedere i nostri lavori al cinema non è mai giovanissimo, benché nelle nostre intenzioni, i nostri film siano rivolti proprio a loro. All'estero invece la situazione è molto diversa, infatti è lì che andiamo a cercare i fondi dal momento che i nostri film sono andati in onda in molte televisioni straniere, dalla Finlandia all'Israele passando per la Svezia, la Germania e gli USA. Oltre ad essere usciti nei cinema di molti altri paesi
D - Dipende forse da un certa tradizione che vede il film documentario come un film che nasce per educare e non intrattenere?
R - Nella Rai degli anni '60 e '70 il documentario era inteso come didattico, e assolveva pienamente la sua funzione. Nel tempo il linguaggio è cambiato e oggi si guarda più al modello americano di documentario di intrattenimento - si pensi a Michael Moore che ha vinto anche il Festival di Cannes (nel 2004 con il documentario Fahrenheit 9/11, n.d.r.) - anche se da noi c'è ancora una certa diffidenza verso i nuovi linguaggi e chi prova a intraprendere strade nuove, spesso viene tacciato di iconoclastìa
D - In Chiusura, una domanda sulla vostra vita dopo essere diventati documentaristi. Voi avete già fatto tre film di successo. Alla luce di quello che avete appena detto, cosa significa fare il documentarista in Italia? Come è cambiata la vostra vita dopo il primo film?
R - Dopo il nostro primo documentario "Improvvisamente l'Inverno Scorso" siamo diventati, nostro malgrado, dei personaggi pubblici, anzi, di più, dei paladini della battaglia per i diritti delle coppie gay. Non eravamo preparati al fatto che un piccolo documentario indipendente ci potesse catapultare sulla ribalta e se siamo riusciti a gestire tutto questo era unicamente perché siamo entrambi giornalisti e sapevamo come gestire la cosa. Con il secondo film "Italy: Love it, or Leave it" sapevamo che volevamo voltare pagina e dimostrare che una coppia gay può parlare anche di altre tematiche come lo smaltimento dei rifiuti, la cassa integrazione, lo sfruttamento degli immigrati etc... eravamo convinti che sarebbe stato un flop e eravamo già pronti a tornare alla nostra vita di prima, ma fin dal suo esordio al Milano Film Festival abbiamo capito che il film poteva funzionare e il fatto che per i due anni successivi siamo andati in giro per il mondo a presentarlo ne è stata la conferma. Ad oggi "Italy: Love it, or Leave it" è il documentario italiano più visto nel mondo e questo ovviamente non può che farci piacere
I REGISTI
Gustav Hofer - Nato a Sarentino (BZ), dopo la laurea in Scienze della Comunicazione a Vienna e in cinema a Londra si è trasferito a Roma. Dal 2001 lavora per la televisione franco-tedesca “Arte” in qualità di corrispondente dall’Italia
Luca Ragazzi - Nato a Roma, laureato in Lettere e Filosofia all’Università La Sapienza di Roma, esercita da anni la professione di giornalista-critico cinematografico e di fotografo
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