Intervista a Luca Sapio, la musica soul e R\'n\'b autentica e generosa
Daily / Intervista - 15 October 2013 10:45
Luca Sapio risponde alle domande i Mauxa per la rubrica \"Di che cultura sei?\"\r\n
Mauxa intervista Luca Sapio, cantante, musicista jazz e soul che ha pubblicato l\'album “Who Knows”. Sapio conduce anche su Radio 2 la trasmisione “Latitudine Black”
\r\nD. Nel singolo \"What Lord Has Done\" tratto dall\'album \"Who Knows\" affronti il tema religioso, così come in tutto l\'album argomenti come la famiglia, la fiducia nel futuro. Pensi che questi argomenti siano più vicini agli ascoltatori di questo periodo storico?
R. Credo che lo strumento più efficace per comprendere un momento storico sia proprio l\'arte legata a quel tempo preciso. Una poesia, un quadro, una canzone fotografano qualcosa che gli storici e i cronisti non possono descrivere, ossia quella dimensione interiore legata agli stati d\'animo della gente. In questo senso “What Lord Has Done” è una piccola fotografia di quanto stiamo vivendo. Una profonda crisi che si riverbera su tutto, facendo vacillare fede, speranze. Una testimonianza e nello stesso tempo la speranza che Dio o chi per lui torni a guardare dalla nostra parte.
D. Alla base del tuo vocalismo c\'è uno studio attento delle tecniche armoniche. Quali sono state le difficoltà maggiori della tua formazione?
R. In realtà la tecnica di per se non è un ostacolo per nessuno. Tutti con pazienza e dedizione a prescindere dal talento possono raggiungere dei risultati oggettivamente notevoli. La grande difficoltà sta nel comunicare all\'ascoltatore quello che si sta raccontando. Questo significa mettersi a nudo e non nascondersi dietro l\'orpello, il virtuosismo.
Penso sempre al disco d\'oro contenuto nel voyager spedito nello spazio a testimonianza della civiltà terrestre. Insieme a Stravinsky, Mozart, Beethoven, c\'è un brano semplicissimo di Blind Willie Johnson “Dark Was The Night Cold Was The Ground”. Dalla forza inaudita.
Nel 1910 Adolf Loos pubblicò un saggio esplicativo “Ornamento e delitto”. Ludwig Mies Van De Roh lo riprese più tardi con il suo motto “Less is more”. Attenersi a queste “golden rules” per me, bianco ed europeo è stata la difficoltà maggiore.
D. Su Radio 2 conduci il sabato “Latitudine Black”: come mai ha scelto di essere anche divulgatore?
R. In Italia si è sempre ascoltato pochissimo Soul e R\'n\'b e negli ultimi venti anni è diventata una cultura di nicchia, poco diffusa. Basti pensare che da noi tantissimi artisti che spopolano nelle classifiche di tutta Europa e America non vengono a suonare. Nel mio piccolo vorrei riportare l\'attenzione su questa musica così autentica e generosa. Musica fatta dalla gente per la gente.
D. Qual è il tuo cantante e album che più ti ha influenzato e ti ricordi dove lo hai ascoltato?
R. Direi che ce ne sono tantissimi. Dal punto di vista dell\'architettura sonora tutto è sicuramente cominciato con “Hot pants” di James Brown. Da quello dell\'espressività Memphis Slim “The Real Folk Blues” con stampata la frase chiave “you can sing the blues unless you\'ve lived the blues”... poi i Meters, Fela Kuti, Eddie Bo, Hank Carbo, Bobby Blue Bland, Little Willie John. La lista è infinita.
D. Qual è il tuo libro preferito e perché?
R. Mi piace molto “Fortress Of solitude” di Jonathan Lethem. Dove attraverso la storia di questo ragazzino dalla spiccatissima fantasia ed il suo microcosmo surreale si ripercorre la cultura americana del ventennio che va dal la prima metà degli anni 70 a quella degli anni 90. Quindi le tensioni razziali, la graffiti art, la musica come cultura, la “gentrification”, le droghe, le dinamiche padre figlio. Mi ci sono sempre rivisto moltissimo. Ve lo consiglio.
D. Qual è il tuo prossimo progetto?
R. Sto scrivendo il nuovo album, che registrerò a New York sempre con Thomas Brenneck il prossimo gennaio. Nel frattempo tra una data e l\'altra mi diverto a produrre gruppi funk, soul e afrobeat della scena romana. Fosse per me registrerei dischi dalla mattina alla sera.
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