The Frankenstein Chronicles, su Netflix la serie horror-gotica con Sean Bean
Tv / Editoriali - 14 March 2018 15:00
A duecento anni dalla pubblicazione del romanzo di Shelley, il Mostro di Frankenstein continua ad affascinare
‘The Frankenstein Chronicles’ è una serie tv britannica in costume di genere horror-gotico che ha debuttato l’11 novembre 2015 su ITV Encore. La storia ha molti parallelismi con il capolavoro di Mary Shelley, ma non ne è un adattamento fedele; sarebbe più corretto parlare di una libera rivisitazione. Il protagonista (nonché produttore associato) è Sean Bean, solido attore noto al grande pubblico soprattutto per i ruoli di Boromir ne “Il Signore degli Anelli” e di Ned Stark ne “Il Trono di Spade”. Bean interpreta John Marlott, un poliziotto segnato dalla malattia e dalla tragedia (ha perso sia la moglie che la figlia) costretto a indagare su un corpo ritrovato sulla riva del Tamigi: il caso prende subito una piega macabra quando l’autopsia rivela che il cadavere in questione è stato assemblato usando le parti di otto bambini scomparsi. Marlott si mette subito al lavoro, ma dovrà fare i conti anche con i loschi personaggi che popolano la politica e l’ambiente scientifico della Londra del 1827. Il cast include anche Tom Ward, Anna Maxwell Martin (Mary Shelley), Richie Campbell e Vanessa Kirby (la principessa Margaret di “The Crown”).
Dopo la messa in onda dei 6 episodi che compongono la prima stagione, l’americana A&E ne ha acquistato i diritti per la trasmissione negli Stati Uniti. A giugno 2016, ITV ha annunciato la produzione di una seconda stagione, sempre di 6 episodi, andata in onda dal 1 novembre al 1 dicembre 2017. Sempre a dicembre 2017, Netflix ha finalizzato un accordo per distribuire la serie negli USA e altri Paesi ancora da confermare. Il fatto che “The Frankenstein Chronicles” sia stata etichettata come una serie “Netflix Original” ha indotto molti a pensare che la piattaforma di streaming sia intenzionata a produrre le ipotetiche future stagioni. Il Telegraph l’ha definita una serie “audace, paurosamente efficace e con un’atmosfera agghiacciante”, mentre il Guardian l’ha elogiata dicendo che “sa davvero come far venire i brividi”.
Nel 2018 si celebra il 200° anniversario della pubblicazione di “Frankenstein”, un romanzo che col tempo sembra diventare sempre più attuale e profetico nel modo in cui affronta il rapporto dell’uomo con il progresso scientifico – qualcosa a cui ambiamo, e che al tempo stesso ci terrorizza per tutti i cambiamenti che può portare nelle nostre vite. Mary Shelley aveva 18 anni quando cominciò a scrivere, e il libro venne pubblicato in forma anonima il 1 gennaio 1818, quando l’autrice era appena ventenne. Da molti considerato il capostipite della fantascienza stessa, “Frankenstein” resta un’opera immortale probabilmente grazie soprattutto alla sua ambiguità, e alla sua capacità di sottrarsi a qualunque interpretazione univoca o semplicistica.
Il regista Guillermo del Toro l’ha definito “il romanzo adolescenziale per antonomasia”, in quanto racconta la storia in cui “non ti senti a casa in alcun posto. Sei stata messo al mondo da persone che non tengono per niente a te, un mondo fatto di dolore e sofferenza, lacrime e fame”. La docente di filosofia Patricia MacCormack sostiene che tutt’oggi continuiamo a identificarci nella Creatura, a capire il sio tormento, perché in essa riecheggia la domanda fondamentale che l’uomo si pone dall’alba dei tempi: “È quest’idea di poter chiedere a chi ti ha creato qual è il tuo scopo. Perché siamo qui, e cosa possiamo fare?” Il sottotitolo originale del romanzo, “ o il Moderno Prometeo”, contiene un indizio importante per decifrare il messaggio di Shelley: Prometeo ruba il fuoco agli dèi e lo dona ai mortali innescando una serie di conseguenze imprevedibili; l’umanità infatti ora ha sì i mezzi per riscaldarsi e superare la notte, ma anche un’arma per bruciare il mondo.
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