Recensione del film Mank

Cinema / Recensione - 03 December 2020 10:30

Mank è in streaming su Netflix

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Film Diabolik chi sei?

Nella Hollywood degli anni ’30, lo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz (Gary Oldman) cerca di portare a termine la sceneggiatura di Quarto Potere (Citizen Kane) per il regista ribella Orson Welles. La società in cui lui vive è quella delle ambizioni cinematografiche, dove i produttori si chiedono chi sia Adolf Hitler che con il nazismo sta imperversando in Europa, tanto da domandarsi “cosa è un campo di concentramento?” (guarda le immagini).

Il film di David Fincher prende spinto da una sceneggiatura del padre, il giornalista e scrittore Jack Fincher che dal 1997 voleva realizzarla. È stata poi acquista ad Netflix che l’ha resa idonea ad una stagione di premi cinematografici, girando in bianco e nero com per il film Roma di Alfonso Cuarón.

La trama del film Mank, con Gary Oldman

Interessante è il legame che Mankiewicz - interpretato da un gigionesco Gary Oldman - stringe con la giovane attrice Marion Davies - Amanda Seyfried - che cerca dia redurre inutilmente con i suoi versi. Con lei vuole quasi siglare un sinonimo di purezza che invece in un ambiente capitalistico pare venir meno. Mankiewicz beve, ed è trattato con superficialità dai produttori. Fincher restituisce il clima di un’epoca, affidandosi a dialoghi prolissi che rendono il film di impostazione teatrale, e certamente per un pubblico non generalista ma di nicchia. 


Los Angeles
Anche se questa esclusività è poi sorretta da trame secondarie che rendono il film godibile: come quella di lui che a causa di un incidente è supino su un letto, cn tutto l’entourage che si prodiga per rendere la sua convalescenza più produttiva possibile. Tra queste figure emerge quella della segretaria di Mankiewicz, Rita Alexander (Lily Collins), da cui la protagonista del film Quarto potere - Susan Alexander Kane - prede il nome.


Mank, un film cerebrale

La regia indugia sui dilemmi di  Mankiewicz, anche se spesso resta in superficie sugli altri personaggi. È forse questo il limite del film: si configura spesso come un esercizio di stile che non riesce a far comprendere al lettore la rivoluzione che Mankiewicz voleva portare a termine, ossia realizzare il copione di uno dei film più rivoluzionari della storia del cinema, Quarto potere. Infatti il confronto con il regista del film, Orson Welles - interpretato da Tom Burke - è spesso sommario, relegato ad una stanza in cui Welles furioso frantuma una cassa di liquori contro il muro, e Mankiewicz vedendo l’azione comprende che deve essere inserita nel copione, per esprimere la furia dl protagonista.


David Fincher dopo L'amore bugiardo - Gone Girl e Il curioso caso di Benjamin Button continua la sua ricerca del dilemma tra giustezza delle azioni e necessità di esserne vittima: nel primo film esemplificato da Nick (Ben Affleck) che nonostante i comportamenti ossessivi della moglie, decide di restarle accanto: nel secondo da Benjamin Button (Brad Pitt) che si rassegna alla sua condizione di bambino destinato alla morte. Qui chi si rassegna è Mankiewicz, che vive solo per la pagina scritta, immemore della vita che gli scorre arcato, coricato a pancia in giù su un lettino dopo una caduta. Solo, guardando in foglio da riempire tra il pavimento e il sigaro.

 

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