Recensione del film ‘Most Beautiful Island’

Cinema / Recensione - 16 November 2017 08:00

“Most Beautiful Island” è il film Ana Asensio apprezzato dalla critica: Mauxa l’ha visto in anteprima

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Film L'incredibile viaggio del fachiro

Most Beautiful Island è il film di Ana Asensio uscito in questo giorni nelle sale statunitensi, ben accolto dalla critica.

Lo stile è documentaristico, con la macchina da presa che pedina la protagonista Luciana (la stessa Ana Asensio) tra le peregrinazioni della metropoli di New York.

Lei è immigrata ispanica, e nella città scintillante spera di trovare quelle possibilità lavorative che però restano oscurate. Il medico non può curarla senza la copertura assicurativa, e la carta di credito sta per scadere. Una carta che si logora come le speranze della protagonista, che cerca di rilassarsi con un bagno caldo: ma mentre è nella vasca toglie del nastro adesivo dalla parete, e degli scarafaggi cominciano ad entrare dal foro e ad immergersi nell’acqua. Lei li osserva incredula, quasi immedesimandosi in quel navigare impervio.

La conoscenza dell'inglese è scarsa, così come le prospettive. Un'agenzia di modelle invita Luciana a realizzare un book fotografico, e lei spende gli ultimi risparmi per questo progetto inutile. Accetta lavori casuali, come babysitter mentre attende il visto. La sua salute emotiva comincia a vacillare.

Il film essendo biografico non mette filtri tra il racconto e la modalità di rappresentarlo, tanto da sembrare un diario dolente di un immigrato senza possibilità. Ciò è reso anche grazie alla riprese in 16 mm, che danno il senso di una vicenda che si consuma davanti ai nostri occhi. Il pericolo di eccesso di sincerità che potrebbe rendere il film troppo personale è scongiurato dalla presenza di una città come New York che si rivela imponente e irraggiungibile, nei suoi processi quotidiani.

La città diventa così l’emblema della impossibilità d cambiare la propria condizione: come se imponesse che se non si è nelle possibilità di dimorarvi, è meglio restare nel paese da cui si proviene. E il film diventa così anche una misura di quanto siano sproporzionate le aspettative umane rispetto a ciò che è realizzabile.

Infatti a Luciana viene offerto un lavoro che nel suo paese non sarebbe ipotizzabile: una donna la chiama per offrirle un lavoro per una sera, per cui deve solo partecipare ad una festa con un costume di Halloween, e alla fine della serata sarà pagata in contanti. Ma mentre la notte avanza, Luciana si rende conto di essere stata imbrogliata, o semplicemente lei non ha compreso ciò che la donna le proponeva. Luciana si trova così in una situazione pericolosa.

La scena in cui si fa percorrere da un ragno velenoso è una delle più semplici e cruente del cinema recente, e solo per questa il film andrebbe visto.

La critica ha apprezzato la capacità di utilizzare elementi di genere per esagerare l'esperienza (Indiewire), portando alla ribalta un punto di vista inconfondibile su una popolazione spesso invisibile (Los Angeles Times), con rumori ambientali e sequenze di quiete prolungate per evocare disagio e paura (The New York Times).

La regista - che ha lavorato come attrice e vari film e qui è alla direzione di esordio - ha scelto attori professionisti e improvvisati. Dopo aver girato una scena in un appartamento, la regista ha percepito la genuinità della vicenda, e anche il suo afflato concettuale. Ci sono voluti quattro anni per cercare i finanziamenti necessari, che hanno portato ad un film tagliente e di una fluidità rara.

© Riproduzione riservata



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