Recensione del film Chiamami col tuo nome

Cinema / Recensione - 24 January 2018 08:00

Chiamami col tuo nome è il film di Luca Guadagnino candidato all’Oscar

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Chiamami col tuo nome (“Call Me by Your Name”) è il film Luca Guadagnino nelle sale.

Elio Perlman (Timothée Chalamet) è un ragazzo ebreo-americano di diciassette anni che vive in campagna a Crema con i genitori. Nell'estate del 1983 il padre - professore di archeologia - invita uno studente statunitense , Oliver (Armie Hammer) a vivere con loro per aiutarlo con alcuni documenti accademici.

Elio è introverso, ha una ragazza, Marzia (Esther Garrel); Oliver flirta con una delle giovani del luogo. Ma tra i due nasce un’attrazione.

Luca Guadagnino esplora come nel precedente “Io sono l’amore” (2009) i dubbi inutili di una borghesia che sembra annoiata, e che cerca svago in giochi psicologici che però terminano in risultati dolorosi, a cui è impossibile restare indifferenti. In quel film era la grande borghesia industriale lombarda con la consegna delle tradizioni, in “A Bigger Splash” (2015) gli scambi sentimentali con ex fidanzati.

Infatti Elio la sera suona per la famiglia, oppure il pomeriggio osserva Oliver giocare a carte: ma Guadagnino sembra giudicare subito i personaggi da queste scene, perché con un montaggio fulmineo le interrompe. Quasi che non sia interessato della vita dei suoi personaggi, ma li osservi con superiorità prima di farli sciogliere.

Quando Elio comincia ad innamorarsi di Oliver, ne resta quasi allontanato non riuscendo a comprenderne il motivo. Il clima idilliaco, con scene quasi  tutte in esterni segna anche anche un agglomerato multiculturale, dal momento che si parla italiano, francese, inglese, con ritrovamenti archeologici - un braccio in bronzo - che rimandano a società arcaiche. E il film stesso diventa un avvicinarsi e evitarsi di emozioni, quelle che i due protagonisti rinnegano. Oliver è troppo adulto per amare un ragazzo, ed Elio troppo giovane per provare qualcosa: questo corteggiamento occupa quasi tutto il tempo del film, e per essere giustificato ha bisogno di mostrare anche un’atmosfera che risulta la più paludata, perché memore di un’Italia degli anni ’80 più volte rappresentata, tra tradizioni campestri (la pesca al fiume) e brevi divertimenti (la musica nei bar). Quando Elio si confessa, Oliver risponde: “Non possiamo parlare di certe cose”, e la presunta sfrontatezza dello statunitense subisce l’irruenza del giovane.

Ad un pranzo si chiede un’opinione politica ad Oliver, e il clima diventa litigioso: “Americano non vuol dire stupido”, dice una commensale. Il gioco tra i due diventa più pericolo quando Oliver bacia il piede di Elio, e quando il ragazzo ha una relazione con Marzia, Oliver sviluppa la propria gelosia.

Il film - tratto dal romanzo omonimo di André Aciman - diventa così anche quello di un generale amore proibito, simboleggiato dal frutto che viene colto ad un quarto del film. “Io non sono la tua ragazza?”, chiede Marzia ad Elio che non sa più cosa rispondere. Tra Oliver e Elio nasce un amore anche illegale, essendo rivolto ad un minorenne, ma verso cui i genitori del ragazzo non estendono il disappunto. E il messaggio del film è anche quello di un’accettazione, che spiazza le normali categorie di “morale o “immorale”.

Un film forse eccessivamente lungo, ma che apre - come nella scena finale - il dubbio su chi dei due sia veramente cresciuto.

© Riproduzione riservata



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