Mistress America: recensione del film commedia sull'affermazione del sé
Cinema / Recensione - 14 April 2016 08:00
Noah Baumbach torna alla ribalta con una nuova commedia basata sulla parola, passante per bocca di istrioniche attrice, quali Greta Gerwig e Lola Kirke, per un film, un racconto breve ed una storia, q
Il film di Noah Baumbach, come un’ellisse, si riavvolge intorno ai due fuochi rappresentati dalla giovane Tracy (Lola Kirke) e dalla più “matura” Brooke (Greta Gerwig), due facce di due medaglie diverse, ma alla fine combacianti.
Mistress America presenta una trama che si aggroviglia intorno a se stessa come il bandolo intricato di una matassa informe. Tracy è una matricola universitaria che si sente sempre a disagio in qualsiasi posto e qualsiasi situazione si trovi ad affrontare. Il suo sogno è diventare una scrittrice, ed il suo piccolo scopo a breve termine è quello di riuscire a far parte di un club/confraternita di promettenti scrittori. Il fallimento la allontana dal club, ma la avvicina dapprima ad un altro studente che non riesce a sentirsi realizzato, ma tenta di barcamenarsi come meglio può senza rinunciare ad esprimersi, e in seconda istanza a Brooke, sua futura sorellastra. Tracy trova in Brooke il mentore spirituale per vivere al meglio le occasioni e per lasciarsi trasportare dagli eventi, offrendole un’altra chance per un nuovo racconto breve, intitolato Mistress America.
Noah Baumbach dirige Lola Kirke, attrice poco avvezza al mondo della settima arte, tra i film più prestigiosi ai quali ha partecipato si può citare Gone Girl – L’amore bugiardo di David Fincher, e crea un duo con Greta Gerwig, già volto noto, protagonista ad esempio di The Humbling di Barry Levinson accanto ad un attore idolo come Al Pacino, per dare vita ad una commedia che gioca non sull’azione bensì sulla parola, sul ritmo forsennato che essa può assumere quando più individui desiderano dare un senso alla propria esistenza. Mistress America può essere definito un film appartenente al genere commedia, ma stringe anche uno stretto legame con una forma di ironia che punta il dito proprio contro se stessa, svelando l’illusione e la smitizzazione di ogni sogno.
Greta Gerwig interpreta Brooke, simbolo della donna che vuole essere “in carriera”, realizzarsi economicamente dando libero sfogo ai suoi sogni, ma per quanto si sforzi, sarà difficile agguantare il successo tanto agognato e questo è ben chiaro già in partenza, come ha facilmente intuito anche Tracy, impersonata da Lola Kirke. Brooke vuole aprire un ristorante che sia punto di ritrovo per giovani ed adulti, un luogo che rappresenti le mille sfaccettature della sua personalità. Per farlo dovrà mettere alla prova se stessa e, così facendo, spingerà anche Tracy a fare altrettanto, fino alla completa messa a nudo delle rispettive fragilità e debolezze nella casa dei “nuovi finanziatori” di Brooke. Attraverso serrati dialoghi, che si accavallano e si aggrovigliano scambiati tra un numero di personaggi via via crescente, le due protagoniste impareranno dai loro errori e scopriranno lati di se stesse fino ad allora taciuti.
Mistress America, il racconto breve ad opera dall’aspirante scrittrice, quindi, decreta il fallimento al quale è destinata la personalità vivace e vitale di Brooke, specchio del fallimento della stessa autrice della storia narrata, Tracy, ma quel racconto attesta molto di più: se i piani non seguiranno il loro corso originario, non vorrà dire che tutto sarà perduto perché nuovi obiettivi si porranno all’orizzonte, tutti concentrici verso un unico scopo, l’affermazione del sé.
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