Venezia 79, recensione del film The Eternal Daughter
The Eternal Daughter è il film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia
Pur nella minutezza della storia, The Eternal Daughter conserva un fascino trasversale, che nasce dalla trama straniante. E a questo fascino contribuisce Tilda Swinton, che interpreta la protagonista Julie e sua madre Rosalind.
I due ruoli di Tilda Swinton nel film The Eternal Daughter
Julie va con lei in un hotel ameno situato in un bosco, tra nebbia sfilacciata e guaiti di cani. Qui si accudisce di lei: la receptionist è distaccata, pare non confermare di non avere altri ospiti. Julie dà le medicine alla madre, accudita da un fidato cane, e le riserva troppe 'premure', come ribadisce Rosalind. Lo stesso hotel una volta era la residenza della madre, che ora racconta episodi della propria giovinezza che Julie - di nascosto - registra con lo smartphone.
Solo a metà film si scopre che Julie è una regista, e che è lì per scrivere una sceneggiatura sul rapporto tra lei e la madre. Sono questi indizi distillati nel tempo a formare il fascino del film, una sorta di percezione nuova sul rapporto tra figli e madri: i sensi di colpa che sorgono dal timore di non soddisfarli, e quelli di essere troppo invadenti. La performance di Tilda Swinton è magistrale nell'alternare il tono dolente della figlia, a quello autoritario della madre: i due personaggi non appaiono mai nella stessa inquadratura, solo una volta di profilo mentre sembrano comprendersi.
The Eternal Daughter, film espressionista
La regista Joanna Hogg ha già diretto i film eccentrici The Souvenir 1 e 2, che raccontano del rapporto tra una studentessa e il funzionario del Ministero. In The Eternal Daughter propone una vicenda minimale, ma che grazie alla scenografia tetra e pervasa da forti chiaroscuri, alle musiche con toni suspense, coinvolge nella sua pervasività. La trama certamente - per quanto è esile - non può sorreggere la durata del film, che se non fosse per l’interpretazione della Swinton resterebbe un’opera da Kammerspiel, tanto è monologante. Ma proprio la possibilità d’incedere lentamente verso il finale, con rumori studiati, attese tradite – come quando Julie si offende perché la madre non vuol cenare alla propria festa di compleanno - ne fanno un’opera espressionista, che raramente si vede al cinema.
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