Dragon Quest XI: Echi di un'era perduta, recensione videogame per PS4

Games / Recensione - 12 September 2018 11:00

Dragon Quest XI è la perfetta sintesi tra passato e modernità, il miglior JRPG della generazione

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Dragon Quest XI: Echi di un'era perduta è il gioco di ruolo giapponese sviluppato da Square Enix, l’undicesimo capitolo di una delle saghe di JRPG più longeve e di successo della storia. L’uscita sul suolo occidentale, a distanza di un anno dalla release giapponese, ha portato con sé alcune modifiche e ritocchi per avvicinarsi maggiormente al gusto europeo, con un impianto di gioco che mantiene l’eredità storica dei GDR a turni e nuove dinamiche che lo rendono moderno e  perfettamente fruibile a qualsiasi nuovo giocatore. Dragon Quest XI rappresenta l’ammaliante connubio fra tradizione e spirito di rinnovamento, un titolo che riversa nel presente i fasti del passato dei JRPG, proponendo un’epica fatta di personaggi riusciti e con un’estetica fiabesca, tenera, dolce, sognante.

Dragon Quest XI

La trama di Dragon Quest XI inizia in una sera tempestosa, dove il consiglio cittadino si riunisce per discutere della nascita di un piccolo bambino, che porta sul dorso della mano il segno del Lucente, una profezia leggendaria che tuttavia nasconde e preannuncia l’arrivo del Signore Oscuro. La minaccia si materializza ben presto, quando la madre del piccolo è costretta a fuggire e sacrificarsi per metterlo in salvo. La soleggiata mattina seguente, una culla viene trovata da un tenero e anziano pescatore, che diviene il padre adottivo del bambino. Se l’incipit appare come un cliché ormai abusato all’interno di produzioni nipponiche, la sceneggiatura, la caratterizzazione dei personaggi e il respiro fiabesco e favolistico dell’opera sorprendono e meravigliano in più di un’occasione, staccandosi dallo stereotipo e banalità che spesso ha contraddistinto la serie negli ultimi decenni. Dragon Quest XI è infatti un bellissimo viaggio, il migliore in termini di trama all’interno della saga di Square Enix.

Il gameplay di Dragon Quest XI riprende gli stilemi tipici dei JRPG, semplificandone alcune meccaniche e snellendo alcune criticità dei passati capitoli. I combattimenti rimangono a turni, come nel più classico dei giochi di ruolo di stampo orientale: i tre combattenti del party si alternano nel cerchio di battaglia, potendo scegliere tra attacco, difesa e incantesimi. Nonostante l’assenza di una barra che chiarisca l’ordine dei vari combattenti, e la possibilità di spostarsi  all’interno dell’arena, lo scontro rimane basilare e lineare, diviso tra mosse a nostra disposizione e quelle demandate ai nemici. Le interazioni sono tuttavia differenti a seconda dei personaggi scelti, con attacchi e magie diversificate, oltre che con mosse speciali che richiedono la presenza di particolari combinazioni all’interno del party. La composizione del team è tuttavia dinamica, potendo essere modificata anche in corso d’opera; questo permette una fluidità e varietà molto più elevata che in passato, oltre che più semplice da gestire in caso di difficoltà da parte dell’utente. Proprio il livello di sfida generale si mantiene molto basso, con la possibilità nella versione europea di attivare alcune particolari opzioni per rendere più ostico e appagante il viaggio, altrimenti oltremodo semplificato negli scontri, tranne in rarissimi casi contro i boss. I punti esperienza accumulati possono essere spesi nel potenziamento di armi e abilità, come nel più classico dei JRPG, qui rivisitato in una progressione molto simile ad una scacchiera. La creazione di oggetti, una volta raccolte ricette e documenti sparsi per le mappe, attiva un simpatico minigioco chiamato la forgia celestiale, che può essere utilizzato e richiamato in ogni momento. La stessa meccanica dei salvataggi è stata rivista, e migliorata: se prima era possibile salvare la partita solamente presso specifiche chiese, ora possiamo ripristinare salute e mana in qualsiasi accampamento sparso per lo scenario.



L’aspetto visivo di Dragon Quest XI è uno degli aspetti maggiormente caratterizzanti, fatto di delicati contorni in cell-shading, un piccolo gioiello visivo in movimento, che ricorda da vicino i cartoni animati giapponesi. I disegni sono realizzati da Akira Toriyama, un nome capace di suscitare sentimenti nostalgici e di gioia bambinesca, il padre di Dragon Ball. La bellezza degli scenari, liberamente esplorabili e con diverse aree segrete, si unisce ad architetture e linee da racconto fiabesco: si passa da caverne e dungeon sotterranei a piccoli accampamenti, fatti di poche case e falò, a centri abitati sognanti come Gondolia, che ricorda da vicino i canali e le strade di Venezia. La natura incontaminata e lussureggiante, immersa in verdi praterie e colline da percorrere a bordo del nostro cavallo o di altri animali, ci conduce in luoghi favolistici, percorsi dal vento che muove le foglie e i fili d’erba. Il tocco di Toriyama dipinge altresì personaggi dalla tenerezza inarrivabile, un concentrato di dolcezza visiva ottenuta attraverso lineamenti morbidi, paffuti, dalle guance ed espressioni irresistibili. Il risultato è quello di percorrere gli ambienti e assistere ai dialoghi con il sorriso stampato in volto, forte di un caracter design particolarmente ispirato, dall’indole delicata e buffa. Il lavoro di caratterizzazione trova un diretto riscontro nella sceneggiatura, con personaggi capaci di sostenere la storia in maniera convincente, piacevoli da giocare e avere nel nostro party, con cui interagire e dialogare in diverse fasi.

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