Code Vein è un souls-like action sviluppato da Shift, creatori di God Eater, e pubblicato da Bandai Namco, un progetto dalla lunga gestazione, che ha visto diversi rinvii sino ad arrivare sugli scaffali con un prodotto dotato di carisma e personalità proprie. Code Vein si basa sulla formula ideata e perfezionata dai Dark Souls, presentando una veste grafica da anime giapponese, una storia affascinante e ben raccontata (rarità all’interno del genere) e una massiccia componente da gioco di ruolo.
La
trama di Code Vein è uno degli aspetti portanti dell’intera produzione, una storia corposa e intrigante, che prende il via da un catastrofico cataclisma, la
Grande Rovina, che ha decimato la popolazione mondiale. Gli scienziati hanno tuttavia creato in laboratorio un parassita capace di rianimare i corpi ormai privi di vita, un esperimento dalle discutibili implicazioni morali e pratiche, che ben presto sfugge al controllo. I
Redivivi generati sono costretti a nutrirsi di sangue umano e, ogni volta che cadono in battaglia, sono progressivamente destinati a perdere parte della loro memoria e, di conseguenza, della loro umanità. La guerra che ne è scaturita ha visto la sconfitta della Regina, evento che ha poi costretto i Redivivi a convivere e spartire le poche risorse in un’area denominata Carcere della Foschia, dove ormai il sempre crescente potere di Silva ha instillato un distopico mondo basato sulla distribuzione delle
gocce di sangue, fonte di vita per i Redivivi. La complessità della storia richiama quella degli anime, caratteristica fortemente ripresa anche nell’aspetto estetico: il nostro personaggio si inserisce in maniera decisiva negli sviluppi della lotta tra i Redivivi erranti e i Corrotti, divenuti ormai dei meri involucri privi di qualsiasi volontà. Il protagonista ha infatti il potere di rianimare il Vischio, una pianta che permette di nutrirsi e quindi di mantenere la ragione, sottraendo così a Silva il controllo delle riserve sanguigne. Se già l’incipit presuppone una stratificazione del mondo di Code Vein, la lunga storia (circa 35-40 ore) ci porterà a scoprire una narrazione mai banale e davvero profonda, caratteristiche rare all’interno dei souls-like, dove mistero, storie frammentate e criptiche dipingono solitamente l’universo di gioco.
Il
gameplay di Code Vein ricalca le produzioni action ispirati alla saga di Dark Souls, con un
sistema di combattimento basato su attacco pesante e leggero, parate e capriole per schivare, insieme alla gestione della stamina e del mana. A corredo delle mosse più classiche, il protagonista, così come gli altri Redivivi, possiede una sorta di
coda metallica, che può essere utilizzata alle spalle dei nemici o quando essi vengono sbilanciati dai nostri attacchi. Code Vein amplia e modifica in maniera interessante la struttura da
soulslike, qui ripresa anche nelle mappe interconnesse, nel multiplayer online e nell’attivazione del Vischio come punto di salvataggio e ricarica. L’aspetto ruolistico è infatti vario e originale: la presenza di oltre 20 diversi
Codici Sanguigni permette al nostro alter ego di acquistare poteri, che modificano le abilità di combattimento e che possono essere scambiate in qualsiasi momento. Salire di livello permette solamente di potenziare Salute, Vigore e Attacco, mentre le altre caratteristiche saranno di volta in volta modificate in base al codice sanguigno equipaggiato. A modificare ulteriormente le caratteristiche da GDR vi sono
170 Doni dalle proprietà differenti, che consentono di usufruire di bonus attivi e passivi, insieme a
due armi da equipaggiare, che possono essere all’arma bianca o da fuoco. La
grafica di Code Vein riprende caratteristiche e disegni degli
anime, con una particolare cura per i protagonisti di gioco, dal caracter design spiccatamente nipponico e ben caratterizzati. Lo stesso, purtroppo, non si può dire delle ambientazioni e di alcuni nemici, non particolarmente ispirati dal punto di vista artistico e tecnico, con pochi dettagli e incertezze nel motore grafico, in particolar modo per alcuni cali di frame rate e compenetrazioni poligonali.
© Riproduzione riservata