Festival di Venezia 2017, recensione del film 'Nato a Casal di Principe'

Cinema / Festival / News - 03 September 2017 21:00

Bruno Oliviero dirige con poco mordente e senza troppa inventiva la trasposizione cinematografica del libro autobiografico di Amedeo Letizia

image
  • CONDIVIDI SU
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon

Serie tv The Big Conn - video

Presentato in anteprima alla 74. Mostra di Venezia, “Nato a Casal di Principe” è l’adattamento dell’omonimo racconto autobiografico composto a quattro mani dal protagonista degli eventi narrati, Amedeo Letizia, e la giornalista di Repubblica Paola Zanuttini (il libro è stato pubblicato da Minimum Fax nel 2012).

Tutto ruota intorno a Paolo, fratello di Amedeo, rapito nel 1989 e mai più tornato a casa. Ci sono voluti 26 anni prima che dei collaboratori di giustizia confermassero, nel 2015, che il ragazzo era stato ucciso dal clan dei Casalesi. Il suo corpo non è stato mai ritrovato.

Nel film il personaggio di Paolo appare pochissimo, giusto un paio di flashback che servono solo ad acuire il dolore di chi continua disperatamente a cercarlo. A muovere la storia quindi, c’è lui, Amedeo, un giovane di vent’anni che nonostante l’ambiente claustrofobico e degradato in cui vive non rinuncia alla speranza in un futuro migliore.

Il suo sogno è quello di fare l’attore a Roma, ed è proprio così che si apre “Nato a Casal di Principe”, con un provino in cui Amedeo parla con sorriso un po’ impacciato di un fotoromanzo a cui ha partecipato, e dei “pezzi” che si è preparato. Come sappiamo grazie alla carriera del vero Amedeo Letizia, riuscirà nel suo intento, diventando uno dei protagonisti della nota fiction Rai “I ragazzi del muretto”.

Ma intanto c’è la tragedia della scomparsa di Paolo da superare. Il film mette in scena un dramma familiare opprimente, in cui tutti i personaggi sembrano intrappolati in un labirinto senza uscita. La storia è abbastanza coinvolgente, soprattutto se si tiene a mente che è basata su fatti realmente accaduti, ma Oliviero non sembra in grado di creare la tensione necessaria, offrendo una regia che troppo spesso procede col pilota automatico, senza guizzi o intuizioni particolarmente degne di nota.

Il cast (Massimiliano Gallo, Lucia Sardo, Donatella Finocchiaro) offre performance solide, mentre l’attore protagonista, Alessio Lapice, ogni tanto stenta a dare la giusta intensità alle scene che lo coinvolgono.

© Riproduzione riservata



Seguici su

  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon