Venezia 80, film The Palace: intervista a Fanny Ardant e al cast del film di Roman Polanski
The Palace è il film fuori concorso presentato alla Mostra del cinema di Venezia

“Difficile dire se questo film sia una commedia o una tragedia”. Ironia, a volte anche iperbolica, ma anche denuncia della società e delle domande che piombano nella testa dello spettatore. Così gli attori protagonisti del film The Palace, diretto da Roman Polanski e presentato alla 80esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, descrivono il mood della pellicola. Se ne è parlato alla tavola rotonda organizzata proprio a Venezia, a cui hanno preso parte Fanny Ardant, Luca Barbareschi, Olivier Masucci, Joaquim De Almeyda e Fortunato Cerlino.
Il film è ambientato nel Palace Hotel nella notte del 31 dicembre 1999. Si tratta di un albergo di gran lusso all'interno di un castello degli inizi del Novecento immerso nelle montagne svizzere. La struttura ricorda un luogo fiabesco completamente ricoperto dalla neve. Per quell'occasione, il Capodanno 2000, l’hotel si prepara ad accogliere ospiti ricchi ed eccentrici, che si aspettano di trascorrere il veglione più straordinario della loro vita. Un passaggio al nuovo millennio che si preannuncia indimenticabile. Il personale dell’hotel si danna l’anima per fare in modo che tutto fili liscio e che tutti i vizi (anche i più strani) degli ospiti vengano soddisfatti. Ma la festa alla fine esce dai binari della decenza.
The Palace: “Film tra la commedia e la tragedia”
“E’ stato fantastico lavorare con Roman Polanski - ha spiegato Oliver Masucci - perché cura tantissimo i particolari ed è onnipresente. Ma non in senso negativo, anzi: può contare su una esperienza straordinaria che mette a disposizione di tutti gli attori. Ricordo che una volta ha fermato le riprese per sistemare una piega di un vestito, e quando invece la costumista l’ha rimessa come prima, si è imbufalito. E’ un perfezionista”. “Lui entrò nel vivo del lavoro nel pomeriggio - racconta Almeyda - e dalle cinque, quando magari gli attori pensano che la giornata stia per finire, ecco che invece lui tira fuori una grinta incredibile, anche in considerazione che ha quasi 90 anni”. “Con lui - spiega Fortunato Cerlino - ho avuto l’impressione di lavorare in una bottega di grandi artisti del passato: ho imparato il lavoro artigianale proprio grazie al suo straordinario impegno. Questo significa che è un regista con una visione: sa come lavorare al particolare per arrivare a quello che ha in mente. E questo è fondamentale”.
Per quanto riguarda il film, una riflessione più ampia parte dalle parole di Luca Barbareschi, nel doppio ruolo di attore e di produttore della pellicola. “Difficile dire se sia una commedia o una tragedia: il confine è sottilissimo. Il film denuncia una società che ci ha illuso, i social ci hanno illuso, tutti ci presentano una felicità facile e alla portata di tutti, ma che in realtà si rivela effimera, fugace. Il film è ambientato nel 1999 ma i temi sono quelli attuali: anzi, la società forse proprio da quell’anno ha imboccato una deriva che punta verso il basso, nettamente. E questo è sicuramente preoccupante. E’ un film che punta a mettere in evidenza le forti contraddizioni tra l’essere e l’esserci”.
Fanny Ardant e "gli dei dello spettacolo"
“Il cinema può fare molto in questo senso - spiega Fanny Ardant - perché il cinema non è morto. Io credo che le piattaforme non potranno mai sostituire il lavoro del cinema d'autore, perché nel cinema c’è il fuoco dell’artista. E poi è bello far parte di un progetto che ai giorni nostri magari fa fatica a esprimersi al meglio, proprio come il cinema. E’ più stimolante. Come nel teatro: quando sono sul palco di un teatro penso sempre che non potrà mai succedermi niente di brutto, perché ci sono gli dei dello spettacolo a proteggermi. Ammiro molto Roman e quando mi ha proposto la partecipazione non ho esitato un attimo ad accettare. E’ un uomo che ancora alla sua età ha il fuoco artistico ancora dentro”.
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