Intervista Italiano Medio, Maccio Capatonda: Il film rappresenta la confusione dell'Italia
Cinema / Intervista - 27 January 2015 13:00
Italiano Medio, intervista a Marcello Macchia (Maccio Capatonda), Luigi Luciano (Herbert Ballerina), Enrico Venti (Ivo Avido), Barbara Tabita, Lavinia Longhi, Giampaolo Letta e Marco Belardi. Il film
Mauxa intervista il regista e attore Marcello Macchia (alias Maccio Capatonda), insieme ai fedelissimi Luigi Luciano (in arte Herbert Ballerina) ed Enrico Venti (detto Ivo Avido), alle new entry Barbara Tabita e Lavinia Longhi, ai produttori Giampaolo Letta e Marco Belardi, in occasione dell’uscita del film Italiano Medio il 29 gennaio. Primo lungometraggio per il gruppo di video makers che sfondò nel mondo dello spettacolo con gli esilaranti trailer comici che andavano in onda durante le puntate di “Mai dire..”. I più famosi sono sicuramente “L’uomo che usciva la gente” e “Giammangiato”, veri fenomeni virali anche sul web.
D. Cosa ti sei portato dietro del tuo passato da video maker e cosa hai scoperto di nuovo?
R. Marcello Macchia: Tutto quello che ho fatto nella mia carriera mi è servito. Non siamo partiti da personaggi che erano stati creati in video precedenti, ma abbiamo optato per una storia unica e originale. Al suo interno sono presenti piccole macchiette che avevo fatto in passato e un cast (se possiamo chiamarlo tale visto che la maggior parte sono amici, parenti e poveri disgraziati) che ci accompagna da tanto tempo.
R. Enrico Venti: Abbiamo ampliato il nostro mondo precedente: dagli attori alla struttura organizzativa, dagli autori agli sceneggiatori: è tutto più grande e fatto meglio. Inoltre abbiamo aggiunto degli attori professionisti che non facevano parte dei nostri casi umani!
D. I personaggi secondari ricordano il cinema italiano anni ’70-’80; anche questo è nel tuo background?
R. Macchia: La mia ispirazione viene maggiormente dai film americani demenziali, ma anche la commedia italiana anni ’80 con Benigni, Verdone, Troisi e Fantozzi ha influito sulla mia produzione;
D. Nel film coesistono una parte trash e una più elevata: è questo l’italiano medio?
R. Macchia: Sì, è esattamente così. Sia il film in sé, che il protagonista Giulio Verme, rappresentano la confusione di questo Paese, fatto di incoerenze e di opposti che si sovrappongono.
D. Cosa c’è in voi di italiano medio?
R. Venti: Io penso di essere il prototipo dell’italiano medio, colui che da un lato vorrebbe cambiare le cose, ma che alla fine guarda sempre al suo orticello. Sono quello che dice “Questo non mi va bene” e poi mi siedo sul divano con la mia famiglia a guardare la televisione.
R. Barbara Tabita: Io mi sento molto vicina al protagonista, avendo l’aspetto dell’italiano medio. So di averlo, ho fatto una miriade di commedie proprio grazie a questo aspetto. Essendo un’ambientalista convinta mi sento molto vicina al protagonista Giulio Verme (quando è normale), ma giustifico anche il comportamento dell’italiano medio perché la mia opinione è che l’abito non faccia il monaco.
R. Lavinia Longhi: Penso di sì. Si vorrebbe essere più attivi, invece si passa il tempo a pensare e pensare, senza mai agire. Da questo punto di vista il mio personaggio (Franca) rappresenta quell’equilibrio che Giulio Verme non ha, fa la volontaria e guarda “MasterVip” sul computer.
D. Qual’è il rapporto in percentuale tra la realtà del film e la nostra?
R. Macchia: Direi un 85%! Sebbene molto irreale, secondo me il film racconta molto bene la realtà che ci circonda, ovviamente estremizzandola. Fortunatamente nel mondo esiste qualcuno che tenta di cambiare le cose, perciò la realtà mi rende leggermente più ottimista.
D. E questo finale?
R. Macchia: Questo finale è molto amaro, racconta la scelta tragica di un uomo: tra la scemenza e l’intelligenza preferisce la via della furbizia. Questo è l’italiano medio.
D. Come è nata l’idea del film?
R. Giampaolo Letta: Il film uscirà giovedì 29 gennaio con circa 400 copie in tutta Italia: a testimonianza di quanto Medusa Film ci creda. Il percorso è iniziato 2 anni fa, insieme a Marco Belardi, una tradizione di lavoro ormai longeva con diversi artisti; l’idea di avviare un progetto cinematografico con Maccio e il suo mondo ci è piaciuta da subito. A dimostrazione dell’eterogeneità della nostra produzione, che va da Paolo Sorrentino all’Italiano Medio, da film drammatici a film comici e leggeri.
R. Marco Belardi: Un giorno la mia assistente viene da me e mi dice: “guarda questo video, dobbiamo prenderlo, dobbiamo prenderlo per forza!”. Da quel giorno sono diventato un fan accanito di Maccio. Ci siamo incontrati in seguito con Marcello ed Enrico, ed è nato così il progetto.
D. Ti sei sentito sotto pressione all’idea di dovere fare il regista di un lungometraggio?
R. Macchia: Mi sentivo pronto da un certo punto di vista, avendo fatto video per tutta la vita, dall’altro avevo una certa agitazione, mi sentivo impreparato: proprio questo mi ha fatto lavorare duramente per colmare queste lacune. Io ho sempre diretto e recitato, però nel cinema la cosa difficile è la mancanza di tempo, la troupe più allargata e le questioni produttive da tenere sempre in conto.
D. Nel film sembra regnare il caos, ma si vede che in realtà c’è un lavoro serio dietro alla realizzazione della pellicola.
R. Luigi Luciano: È proprio così. Noi partiamo da un soggetto che ci può sembrare forte e poi tendiamo sempre a scrivere tutto ciò che ci passa per la mente. Poi magari sul set nasce qualcosa di improvvisato, qualche battuta, però inizialmente vogliamo che ci sia una sceneggiatura soddisfacente. Perché quando hai sotto le mani qualcosa che già tu stesso pensi possa funzionare, sul set vai più tranquillo.
R. Lavinia Longhi: Lavorare con Marcello sul set è una bellissima esperienza. La vera sorpresa sta nell’aspetto registico: tante volte, leggendo la sceneggiatura e parlando del personaggio, un attore si fa una certa idea. Però spesso Marcello ti chiede qualcosa che non avevi previsto e che non sai alla fine come renderà; alla fine vedi il risultato e rimani stupita. Questo è molto stimolante.
R. Macchia: Questo è vero anche viceversa. L’autore può pensare una scena in un certo modo, poi la vede interpretata da un attore e si rende conto che questo ha trovato un modo migliore per renderla. È un do ut des.
D. Avete già pensato come può continuare la vostra vita cinematografica?
R. Venti: Non abbiamo ancora deciso nulla, aspettiamo prima di vedere il risultato del film. Non ci aspettiamo niente di incredibile, anche se è la nostra speranza. Vogliamo fare bene per continuare.
R. Macchia: Sarebbe interessante anche fare una bella vacanza! Il problema di questo lavoro è che se passi mesi a cercare idee poi perdi il contatto con la vita, che serve per avere le idee. Bisogna anche avere il tempo di non fare nulla: di cazzeggiare.
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