Intervista Il Ragazzo Invisibile, Giuliano: ci proponiamo di riportare il cinema al centro del dibattito culturale italiano

Cinema / Intervista - 03 December 2014 12:00

Il Ragazzo Invisibile, intervista a Gabriele Salvatores, Fabrizio Bentivoglio, Ludovico Girardello, Nicola Giuliano, Stefano Sardo, Ludovica Rampoldi e Alessandro Fabbri. Il film uscirà nelle s

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Mauxa intervista il regista Gabriele Salvatores, gli attori Fabrizio Bentivoglio e il giovane Ludovico Girardello, il produttore Nicola Giuliano, i tre sceneggiatori Stefano Sardo, Ludovica Rampoldi, Alessandro Fabbri, in occasione dell’uscita nella sale il 18 dicembre del film Il Ragazzo Invisibile. La nuova pellicola del regista vincitore del premio Oscar per il film “Mediterraneo” nel 1991, racconta la storia di un giovane supereroe, un ragazzo che vive molti disagi nella propria scuola, ma che sviluppa l’incredibile potere dell’invisibilità.

D. Di chi è stata l’idea del film?

R. Nicola Giuliano: L’idea è nata da me circa cinque anni fa, perché volevo cercare di cambiare il tipo di cinema che la Indigo faceva, e girare un film che potesse potenzialmente piacere ai miei figli: quindi ho pensato alla storia di un supereroe tredicenne; l’unica cosa che ci siamo proposti fin dalle fasi preliminari è il fatto che avrebbe dovuto essere invisibile, anche per questioni di realizzazione. Ho quindi contattato gli sceneggiatori - avevo già lavorato con loro per “Doppia Ora” - nel quale c’era già il tentativo di fare un “film di genere”. Spesso in Italia si contesta il fatto che non si facciano più film di genere, uno dei motivi è che è difficile da scrivere: quando cade un tassello, crolla il film. Loro invece sono molto bravi e attenti al soggetto. Dopo aver deciso per la scrittura, abbiamo corteggiato e aspettato quello che ritenevamo essere il regista giusto per noi, l’unico che potesse fare una pellicola del genere in Italia: Gabriele Salvatores.

D. In origine il film doveva essere una produzione irlandese, con un appeal potenzialmente anche internazionale. Qual è stato il motivo per cui avete cambiato idea?

R. Stefano Sardo: L’idea iniziale era quella di fare un film italiano, in Italia. Ad un certo punto, scoraggiati dalle difficoltà nel trovare fondi ed essendo una produzione con budget abbastanza rilevante, abbiamo pensato che facendolo in inglese sarebbe stato più semplice ottenere il finanziamento, avendo un mercato più ampio. Però ad un certo punto ci siamo confrontati con Gabriele Salvatores e abbiamo capito che era come se stessimo perdendo l’anima del progetto.

D. Il film viene percepito come una storia adolescenziale, mentre in realtà è presente molta azione. Qual è la giusta chiave di lettura?

R. Ludovica Rampoldi: Questo film cerca di essere il più largo possibile, per poter arrivare al maggior numero di persone. Per questo motivo ci sono diversi livelli di interpretazione, uno per ogni genere di target: abbiamo cercato di creare un piano magico per i bambini, e uno più profondo per gli adulti. Ovviamente si è parlato del budget: non potendo competere con l’estero, dobbiamo insistere sulle emozioni, sull’autenticità dei personaggi. Sì è un film d’azione, ma c’è anche una dose di sentimenti alla quale teniamo e che pensiamo sia la nostra voce, la nostra originalità.

D. Il film si presenta con un finale aperto: è un augurio?

R. Gabriele Salvatores: Quella del finale sospeso è una caratteristica del genere. Speriamo che alla gente venga la voglia di vederne un altro, l’idea per un seguito c’è già. Inoltre c’è nel finale una bambina, una probabile ragazza invisibile: ho letto l’inizio del possibile sequel e la ragazza si presenta in maniera molto forte.

D. Avete fatto un percorso differente rispetto alle pellicole americane sui supereroi, facendo prima il film e poi pubblicando libro e fumetto. Com’è venuta l’idea?

R. Alessandro Fabbri: Ci siamo accorti di aver creato potenzialmente gli ingredienti per una saga, un mondo aperto. Grazie a Panini e Marvel il progetto è nato in maniera naturale. Noi sceneggiatori abbiamo pensato i soggetti delle tre linee narrative, che sono contenute nei tre albi a fumetti, e poi Diego Cajelli e tre disegnatori si sono occupati della realizzazione. Mentre il fumetto espande l’opera, il romanzo segue la stessa storia del film, ma ha più tempo di analizzare la psicologia dei personaggi, anche quelli più secondari, che nel film hanno pochi momenti dedicati. Ci piacerebbe che proseguisse anche questo progetto.

D. Cosa ti ha divertito di più e quale scena è stata più difficile da recitare?

R. Ludovico Girardello: La parte più bella è stata girare le scene d’azione, perché io e gli altri ragazzi siamo stati seguiti da uno stunt-man, ci siamo allenati per queste scene durante l’estate e durante le riprese. È stato faticoso, ma molto divertente. Per quanto riguarda la parte più difficile da girare penso sia stata quella del bacio tra me e Noa Zatta, ci abbiamo messo circa trenta minuti per fare una scena che avrà si e no la durata di due secondi!

R. Salvatores: Per altro lo stunt-man che abbiamo chiamato è lo stesso che lavora con Ridley Scott, che ha lavorato nel Gladiatore, in Black Hawk Down, e quindi li ha messi a lavorare duramente, come fossero soldati!

D. Come hai costruito il tuo personaggio?

R. Fabrizio Bentivoglio: Il personaggio di Basili è costruito sulla sua doppiezza, ma con Gabriele non volevamo che questo passaggio fosse troppo percepito. All’inizio è stato difficile, ma ad un certo punto passare da uno stato all’altro è diventato semplicissimo, come togliersi gli occhiali. Confermo comunque quello che si è sempre detto: è molto più divertente giocare ai cattivi, rispetto ai buoni. Anche se questo è un cattivo suo malgrado… 

D. Com'è stato utilizzare così tanti effetti speciali?

R. Salvatores: Abbiamo cercato di fare ciò che solitamente si dice di un buon montaggio: cioè non far notare troppo gli effetti speciali. Inoltre non è stato semplice regolarsi con le cose reali: è facile fare esplodere un’astronave, ma far lievitare un bicchiere come se qualcuno la stesse bevendo è complicato. Ci sono tanti effetti speciali, ma la nostra intenzione era quella di farli percepire il meno possibile, farli sembrare parte della normalità.

D. Quali fumetti di supereroi ti hanno maggiormente influenzato?

R. Salvatores: Io sono nato negli anni ’50 quindi per me i supereroi erano personaggi come Mao Tsetung; i fumetti non erano il genere di letture che facevo quando ero più giovane. L’unico che leggevo, anche se non era un supereroe, era Flash Gordon. Poi i fumetti mi hanno accompagnato nella vita, essendo dei parenti molto stretti del cinema. Altro personaggio che ho sempre amato e mi ha fatto crescere è Corto Maltese di Hugo Pratt. E poi Bilal e Moebius: i grandi disegnatori francesi di fantascienza. Solo più tardi è arrivato anche l’Uomo Ragno.

D. La storia de Il Ragazzo Invisibile ricorda molto quella degli X-Men, come sei arrivato fino a loro?

R. Salvatores: Credo che quella di X-Men sia una lettura del personaggio del supereroe molto interessante; mi piace molto questa cosa della diversità e della alienità che loro rappresentano. Avere un potere significa essere diverso, e in questo film è anche un po’ una dannazione e una malattia. Gli “speciali” nel film hanno acquisito un potere, ma più lo usano e più la loro condizione psico-fisica si aggrava. Abbiamo inoltre voluto omaggiare un certo cinema anni ’80, come i Goonies, i Gremlins, fatto di ragazzi che incappano in avventure che li farà crescere e maturare. Abbiamo attinto anche a film come Watchman e Unbreakeble, pellicole più dark e che raccontano i supereroi in maniera particolare e più vicina alla nostra sensibilità.

D. Del vostro film si parla da veramente tanto tempo, perchè?

R. Giuliano: Perché abbiamo cercato di imitare il modello americano, in cui il film viene promosso per molto tempo, per creare una specie di evento. La distribuzione inoltre è cambiata, da una di tipo intensivo si è passata ad una di tipo estensivo; prima i film lavoravano nel tempo, partendo con poche copie e resistendo per anni, mentre ora le uscite sono larghe, con tantissime copie bruciate in poco tempo. Quindi in questo modello di distribuzione non c’è altro modo che creare un “gancio”, dare una chiamata fortissima allo spettatore già nel tempo. E dato che in una settimana andrà a vedere un film su quindici, noi dobbiamo trovare il modo affinché veda il nostro; il primo teaser del film è stato pubblicato a marzo, per intenderci. Inoltre ci proponiamo di riportare il cinema al centro del dibattito culturale, e secondo la mia opinione in questa maniera sarà possibile.

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