In punta di piedi, intervista a Marco Palvetti
Tv / Intervista - 05 February 2018 12:00
Mauxa ha intervistato Marco Palvetti, protagonista nel film tv "In punta di piedi" in onda questa sera su Rai 1.
Il film tv "In punta di piedi" va in onda questa sera su Rai 1 dalle 21.25.
Abbiamo intervistato l'attore Marco Palvetti, protagonista maschile nel ruolo di Vincenzo.
D: Vincenzo Lerro è un personaggio legato al crimine organizzato. Ha dei punti in comune con Salvatore conte?
R: Nessuno. Sono due personaggi completamente diversi. Vincenzo Lerro non è un boss e cerca di assumere importanza all'interno dell’organizzazione partendo dal basso. È convinto di poter fare ciò che gli permetterà di avere maggiori poteri senza toccare armi.
D: Che tipo di responsabilità avverte un attore quando è protagonista di un progetto così significativo e nel quale si esalta la speranza?
R: L’attore deve essere sempre responsabile nei confronti del proprio lavoro, sotto i riflettori non si può non pensare alla responsabilità che si ha nei confronti del pubblico, qualunque personaggio si interpreti. È una responsabilità anche sociale alla quale l’attore non può sottrarsi. Si pensi alla storia del teatro e alla sua funzione sociale. Inoltre oggi i media tendono a sostituire la qualità con la quantità e qualità significa anche responsabilità, pertanto ci ritroviamo davanti più fenomeni mediatici raccomandati da “chissà chi”, che Attori con la A maiuscola. Anzi, questi ultimi vengono sapientemente messi da parte oppure omessi perché riconoscere il loro lavoro sarebbe un metro per riconoscere la qualità. Chiaramente tutto ciò non è sano e bisogna combatterlo appunto essendo responsabili e onesti.
R: Di ogni storia mi colpiscono sempre le sfumature dei personaggi che vado ad interpretare e il modo in cui queste convivono nel profondo dell’anima. In questo caso le forze contrastanti della sopravvivenza in un ambiente che ti annienta fin dal principio, e dell’amore per la propria famiglia. Il tutto condito dall'orgoglio e dalle illusione di chi si ritrova in dinamiche criminali.
Abbiamo intervistato l'attore Marco Palvetti, protagonista maschile nel ruolo di Vincenzo.
D: Vincenzo Lerro è un personaggio legato al crimine organizzato. Ha dei punti in comune con Salvatore conte?
R: Nessuno. Sono due personaggi completamente diversi. Vincenzo Lerro non è un boss e cerca di assumere importanza all'interno dell’organizzazione partendo dal basso. È convinto di poter fare ciò che gli permetterà di avere maggiori poteri senza toccare armi.
D: Che tipo di responsabilità avverte un attore quando è protagonista di un progetto così significativo e nel quale si esalta la speranza?
R: L’attore deve essere sempre responsabile nei confronti del proprio lavoro, sotto i riflettori non si può non pensare alla responsabilità che si ha nei confronti del pubblico, qualunque personaggio si interpreti. È una responsabilità anche sociale alla quale l’attore non può sottrarsi. Si pensi alla storia del teatro e alla sua funzione sociale. Inoltre oggi i media tendono a sostituire la qualità con la quantità e qualità significa anche responsabilità, pertanto ci ritroviamo davanti più fenomeni mediatici raccomandati da “chissà chi”, che Attori con la A maiuscola. Anzi, questi ultimi vengono sapientemente messi da parte oppure omessi perché riconoscere il loro lavoro sarebbe un metro per riconoscere la qualità. Chiaramente tutto ciò non è sano e bisogna combatterlo appunto essendo responsabili e onesti.
D: In che modo avete impostato il lavoro con il regista D'Alatri?
R: Tra me e Alessandro ci sono fiducia e stima reciproche totali e questo è fondamentale per il lavoro e per la sua organizzazione. È avvenuto tutto in maniera graduale e naturale. Alessandro ha creato intorno a se un ambiente di lavoro produttivo e armonioso, riuscendo ad amalgamare tutte le singole maestranze alla perfezione.
D: Qual è l'aspetto del film tv che ti ha colpito maggiormente?
R: Di ogni storia mi colpiscono sempre le sfumature dei personaggi che vado ad interpretare e il modo in cui queste convivono nel profondo dell’anima. In questo caso le forze contrastanti della sopravvivenza in un ambiente che ti annienta fin dal principio, e dell’amore per la propria famiglia. Il tutto condito dall'orgoglio e dalle illusione di chi si ritrova in dinamiche criminali.
D: Credi che questo racconto possa intercettare un pubblico multigenerazionale?
R: Quando si racconta onestamente e con coraggio, sai può arrivare a chiunque. Nonostante le epoche diverse, Tutte le generazioni sono unite da un filo che è la vita stessa, enigmatica e meravigliosa.
R: Quando si racconta onestamente e con coraggio, sai può arrivare a chiunque. Nonostante le epoche diverse, Tutte le generazioni sono unite da un filo che è la vita stessa, enigmatica e meravigliosa.
D: Qual è il tuo rapporto con la tv, guardi spesso le fiction, c'è un genere a cui sei particolarmente legato?
R: Credo che la tv sia un mezzo di comunicazione potentissimo. So che può sembrare banale sottolinearlo, ma non lo è se pensiamo a quanto viene usato male da chi ha voce in capitolo per decidere i palinsesti. Infatti la tv spazzatura è sempre più frequente, a scapito della qualità e dei contenuti. Io non guardo spesso la tv e quando lo faccio guardo documentari o film di ogni genere. Non ho un genere preferito, ciò che mi piace mi piace a prescindere dal genere e forse avere un genere preferito è limitante.
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