Il mistero dell'incidente del passo di Dyatlov: autopsie, riapertura delle indagini, fiction
Daily / Editoriali - 24 September 2020 08:00
Il mistero dell'incidente del passo di Dyatlov: cosa sappiamo oggi
É stato definito un mistero alpinistico senza precedenti, l’incidente che costò la vita ad esperti e giovani escursionisti russi sul monte Otorten, sulla catena degli Urali. L’incidente del Passo Dyatlov è ricordato come un vero è proprio caso che ha sollevato molteplici domande mai soddisfatte, ed altrettante ipotesi sugli accadimenti che hanno spezzato le vite dei nove alpinisti della spedizione. Era il febbraio del 1959, quando laureandi e laureati del Politecnico degli Urali cominciarono la scalata per raggiungere la vetta dell’Otarten ed esplorarne l’altura settentrionale oltre a valicare la catena montuosa. Non è ancora chiaro cosa accadde nella desolazione del gelo e nel silenzio della notte di un ambiente selvaggio e pericoloso, ma l’accampamento delle vittime venne ritrovato il 26 febbraio ed i soccorritori si trovarono dinanzi al primo enigma: la tenda dei giovani era stata aperta dall’interno ed i suoi occupante erano fuggiti anche scalzi per raggiungere il bosco. Quello del Passo Dyatlov è un mistero ancora avvolto nel ghiaccio, sebbene la direzione del distretto federale degli Urali ha da poco annunciato che si è probabilmente trattato da una valanga innescata da un improvviso cambio di tempo. La spedizione venne programmata per il 21° congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, inizialmente composta da dodici membri ma poi ritrovatisi in nove per l’abbandono forzato di Yuri Yudin che, colto da problemi fisici, dovette abbandonare la spedizione salvandosi dalla tragedia. Gli altri membri furono Igor Dyatlov, Lyudmila Dubinina, Semyon Zolotaryov, Zinadia Kolmogorova, Rusten Slobodin, Yuri Krivonishenko, Aleksander Kolevastov, Nikolay Thibeaux-Brignolle.
L’incidente del Passo Dyatlov: quello che già sappiamo
Dai diari emerge che gli sciatori, guidati dal 23 enne Igor Dyatlov, si accamparono per la notte del 2 febbraio sul pendio del Kholat-Syakhl, una montagna vicino a Otorten. Hanno piantato le loro tende intorno alle 17:00. Ciò è emerso anche dalle fotografie che gli investigatori hanno sviluppato da rotoli di pellicola trovati tra gli oggetti abbandonati. Il motivo per cui i nove sciatori abbiano scelto quel luogo non è chiaro, poiché avrebbero potuto rifugiarsi 1,5 chilometri più avanti in una foresta, dove avrebbero trovato riparo dagli elementi atmosferici. Quando il gruppo ha lasciato l'istituto per la spedizione, Dyatlov ha promesso di inviare un telegramma non appena fossero tornati a Vizhai dal monte Otorten, con una data che avrebbe dovuto essere il 12 febbraio. Nessuno si è preoccupato quando il gruppo non ricomparve quel giorno: solo il 20 febbraio, dopo che i parenti hanno lanciato l'allarme, l'istituto inviò una squadra di ricerca. Il 26 febbraio si scopre che la tenda era stata demolita a metà e coperta di neve. Era vuota e tutti gli effetti personali, nonché le scarpe del gruppo, erano stati lasciati indietro. La tenda era stata aperta dall'interno, si contavano tracce di impronte di otto o nove persone nella neve profonda un metro. Le impronte erano state lasciate da persone che indossavano calzini, una sola scarpa o erano a piedi nudi. I passi scendevano lungo il pendio verso il bosco ma scomparivano dopo 500 metri.
I primi due corpi erano ai margini della foresta, sotto un imponente albero di pino, a piedi nudi e vestiti solo con la biancheria intima. Vicino c'erano i resti carbonizzati di un fuoco. I rami dell'albero erano spezzati fino a cinque metri di altezza, suggerendo che uno sciatore si fosse arrampicato per cercare qualcosa, forse il campo: rami spezzati erano sparsi sulla neve. Gli altri tre corpi sono stati trovati tra l'albero e il campo, con una posizione che indicava che i tre avevano cercato di tornare al campo. Dalle autopsie è emerso che non ci furono lotte, e che i cinque erano morti di ipotermia. Il cranio di uno era fratturato, ma la ferita non è stata considerata fatale. Dopo due mesi furono rinvenuti i corpi degli altri quattro, che sembravano aver subito morti da trauma. Il cranio di uno era stato schiacciato, altri due – Duminina e Zorotarev - avevano numerose costole rotte e la donna non aveva più la lingua. Uno dei due non aveva più i bulbi, ma i corpi non mostravano ferite esterne. I quattro erano vestiti meglio degli altri, e quelli che erano morti per primi avevano forse ceduto i loro vestiti agli altri. Un test sugli abiti ha rivelato che contenevano alti livelli di radiazioni.
Cosa ci dicono le autopsie e la riapertura delle indagini
L'autopsia
individua nell'ipotermia la causa della morte per: Yuri Doroshenko,
Yuri Krivonischenko, Igor Dyatlov, Zinaida Kolmogorova, Rustem
Slobodin. Questi sono i primi cadaveri degli sfortunati escursionisti
a essere ritrovati tra la fine del febbraio e gli inizi di marzo del
1959.
Le autopsie sono affidate al patologo forense Boris
Alekseevich Vozrozhdenny e al medico legale di Severouralsk, Ivan
Ivanovich Laptev – anche se Laptev non sarà presente, o comunque,
non firmerà tutti i nove referti necroscopici.
Le prime autopsie,
pur individuando la morte per congelamento, descrivono contusioni,
ustioni, abrasioni, lividi, escoriazioni, ferite cutanee avvenute in
vita, durante lo stato di agonia e post-mortem. Alcune annotazioni
sono scritte a mano. Non c'è traccia di alcol e il pasto risale a
6-8 ore prima: elementi confermati in tutti gli escursionisti.
A
maggio vengono ritrovati anche i corpi di Aleksander Kolevatov, Lyudmila
Dubinina, Nikolai Vladimirovich Thibeaux-Brignolles, Semyon
Alekseevich Zolotaryov. È un contadino nativo di Kurikov, con il suo
cane, a imbattersi nei cadaveri. Per tre di loro, la morte per
congelamento viene esclusa.
Nel caso di Lyudmila Dubinina,
20 anni, il medico incaricato dell'autopsia Boris Vozrozhdenny
conclude: “In base all'esame forense del corpo di L. A. Dubinina
penso che la morte di Dubinina sia stata causata da una massiccia
emorragia nel ventricolo destro, da fratture multiple bilaterali alle
costole e da un'emorragia interna nella cavità toracica. Il
suddetto danno è stato probabilmente causato da un impatto di grande
forza che ha causato un grave trauma letale chiuso al torace di
Dubinina. Il trauma è stato causato durante la vita ed è il
risultato di un impatto di grande forza con conseguente caduta,
lancio o livido al torace di Dubinina”.
Alla giovane donna mancano
la lingua, i bulbi oculari, tessuti molli in gran parte del
viso.
Nikolay Thibeaux-Brignolle, 23 anni. Vozrozhdenny
conclude nel referto: “Sulla base dell'esame del corpo di
Thibeaux-Brignolle, è mia opinione che la sua morte sia stata il
risultato di una frattura comminuta a pressione chiusa nella zona
della base e della volta del cranio con una prolifica quantità di
sanguinamento sotto le meningi e la materia cerebrale mentre era a
bassa temperatura. La sopracitata estesa frattura comminuta della
base e della volta cranica sono di origine in vivo e sono il
risultato di una grande forza con la successiva caduta, il lancio e
la commozione cerebrale di Thibeaux-Brignolle (...)”.
Il trauma
alla testa ha caratteristiche spiegabili con l'impatto contro una
macchina che sta viaggiando ad alta velocità o se l'escursionista
fosse stato scaraventato contro una parete rocciosa, oppure ghiacciata, da
un vento di forza straordinaria. Aveva due orologi sul braccio
sinistro: l'uno segnava le 8:14, l’altro le 8:39.
Aleksander
Kolevatov, 24 anni. In questo caso, il referto parla di morte per
ipotermia senza approfondire le cause del naso rotto, una ferita
dietro l'orecchio, il collo deformato e l'emorragia sotto al
ginocchio sinistro. Il ragazzo viene ritrovato senza sopracciglia,
tessuti molli orbitali e nel cranio.
Alcuni suoi indumenti, usati da
Lyudmila Dubinina per ripararsi dal freddo, risultano
radioattivi.
Semyon Zolotaryov, 37 anni. Veterano della Seconda
guerra mondiale, si unisce al gruppo dei studenti all'ultimo momento.
Vozrozhdenny annota e sottoscrive: “In base all'esame del corpo di
Zolotaryov, 37 anni, penso che sia morto a causa di fratture multiple
delle costole destre con emorragia interna alla cavità pleurica a
bassa temperatura. Le suddette fratture multiple delle costole di
Zolotaryov con emorragia nella cavità pleurica sono state causate
mentre era vivo come effetto di un impatto ad alta potenza al torace
di Zolotaryov al momento della caduta, della compressione o del
lancio (...)”. Mancano i bulbi oculari, i tessuti molli in
corrispondenza della zona facciale intorno all'occhio sinistro e risulta un
ferita sul lato destro del cranio. Costole destre rotte.
Zolotaryov
aveva con sé due macchine fotografiche, una ufficiale,
l'altra privata e ritrovata danneggiata. La penna e il taccuino
vuoto, a portata di mano, ritrovati accanto al cadavere, possono
sollevare dubbi o rilevarsi buchi nell'acqua.
Doroshenko, Kolmogorova e Slobodin presentano segni di livor mortis compatibili con uno spostamento dei corpi.
Con l'avvento dei social, il mistero sovietico raggiunge popolarità, senza ad oggi aggiungere chiavi rilevanti per risolverlo con teorie che mettano d'accordo tutti. L'impervia zona è meta di pellegrinaggio turistico. Puntualmente si segnalano scomparse e incidenti avvolte nel mistero che riaccendono il caso irrisolto.
L'incidente del passo di Dyatlov rappresenta ancora oggi un mistero trattato in molti documentari da altrettanti esperti ed appassionati di giustizia o di montagna. Cosa o chi abbia spinto dei giovani forni dalla tenda, al gelo, non è ancora stato chiarito. Le ferite riscontrate degli esami delle salme lasciano presagire scenari ulteriori rispetto alla semplice ipotermia ma solo di recente, nel corso del 2020, le autorità russe hanno chiuso le indagini optando per la causale dell’assideramento. All’epoca in cui si svolsero i fatti, l’incidente venne classificato come riservato dai servizi segreti e questo probabilmente insospettì i famigliari e diede avvio a numerose teorie che nel corso degli anni tentarono di offrire soluzioni evanescenti. La riapertura delle indagini si è resa necessaria per mettere a tacere proprio le imbarazzanti e suggestive teorie esplose nel corso degli anni e pertanto il Procuratore Generale russo ha voluto far luce sulla morte dei giovani scalatori coinvolgendo tecnici ed esperti per ammettere la naturalità delle vicende che avrebbero portato al decesso degli escursionisti.
Dalle fiction ai contributi documentaristici
Il Passo del Diavolo - Devil's Pass (2013) con Holly Goss, Gemma Atkinson e Matt Stokoe è un film presente in streaming su Amazon Prime Video e Google Play che racconta proprio in orma di fiction ciò che avviene ad un gruppo di studenti che si reca sul luogo del famigerato incidente per realizzare un documentario: ma le aspettative sono deluse quando viene rivelato il segreto di ciò che è accaduto lì, poiché le morti paiono causate da presenze aliene e cospirazioni governative. Il New York Times lo ha definito “materiale ideale per i film di mezzanotte”.
La nuova serie tv russa Pereval Dyatlova vede Slobtsov (Oleg Vasilkov) - maggiore del KGB - arrivare nella provincia dell’incidente, dove la sua inchiesta deve essere tenuta strettamente riservata. Turbato dal suo passato di veterano della Seconda Guerra Mondiale, sonda più a fondo nel misterioso incidente con l'aiuto di Katya (Mariya Lugovaya), medico legale locale. Ma più impara, più diventa chiaro che il motivo per cui gli studenti sono morti non vedrà mai la luce, e nessuno - tranne lui - potrà mai sapere cosa sia successo veramente.
È in onda dal 15 November 2020, e distribuita all’estero con il titolo Dead Mountain: The Dyatlov Pass Incident. Il documentario della BBC (disponibile al seguente link www.bbc.co.uk/sounds/play/w3csz4py ) vede la reporter Lucy Ash ripercorrere le loro orme per cercare di scoprire cosa sa successo, scivolando tra le teorie della valanga, dell’omicidio ad opera di una tribù locale, dello Yeti russo, di un test segreto sulle armi sovietiche. La domanda cui lei vuole rispondere è una: anche se c'è stato un insabbiamento del governo, perché le autorità russe hanno riaperto il caso dopo 60 anni?
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