Il T.a.r. Molise con ordinanza del 17 ottobre 2020, n. 278 ha sollevato, in via incidentale, questione di legittimità costituzionale con riguardo agli articoli 105 e 146 del D. Lgs. n. 50/2016 nella parte in cui non prevedono un divieto di subappalto nel settore dei beni culturali.
Secondo il giudice amministrativo, dal confronto normativo tra i due istituti del subappalto (art. 105 del Codice) e dell’avvalimento (art. 89) emergerebbero delle argomentazioni che farebbero propendere per l’irragionevole mancata previsione di un analogo divieto generalizzato di ricorso al subappalto nella materia dei beni culturali.
In primo luogo viene in rilevo il diverso regime di responsabilità nei confronti della P.A. Secondo il T.a.r., il subappalto sarebbe circondato da minori garanzie per la corretta esecuzione dell’opera affidata dal subcommittente in quanto, a differenza dell’avvalimento, non vi è una responsabilità solidale del concorrente e del subappaltatore.
Il subappalto nei settore dei beni culturali
Inoltre, l’individuazione del soggetto di cui l’operatore economico intende avvalersi non sarebbe, a differenza dell’impresa ausiliaria, nemmeno noto in fase di gara.
Un secondo elemento di criticità, attiene alla mancanza nel subappalto delle numerose garanzie normative che, invece, il disposto legislativo e la giurisprudenza riconoscono all’istituto dell’avvalimento.
Sul punto, l’art. 89 del Codice dei contratti pubblici impone all’operatore economico di dimostrare la disponibilità dei mezzi necessari mediante presentazione di una dichiarazione sottoscritta dall’impresa ausiliaria con cui quest’ultima si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a mettere a disposizione per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie. Inoltre, l’operatore dovrà allegare alla domanda di partecipazione anche il contratto di avvalimento.
Parte resistente, difesa ed assistita dagli Avv.ti Prof. Stefano Vinti e Manuela Teoli, ha evidenziato la diversità tra i due istituti che non giustifica la prospettata violazione del principio di ragionevolezza ed uguaglianza.
Nondimeno, l’avvalimento è un istituto pensato per consentire ad un operatore privo dei requisiti di ammissione di partecipare alla procedura di gara; mentre il subappalto consente ad un operatore comunque qualificato di affidare ad altro soggetto, in possesso di apposita qualificazione, una parte delle lavorazioni.
Pertanto, nell’avvalimento, il coinvolgimento dell’ausiliaria nell’esecuzione della commessa costituisce l’eccezione; mentre nel subappalto l’operatore esegue sempre ed in proprio con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio l’opera o il servizio oggetto di gara.
Il Consiglio di Stato interviene sull'argomento del subappalto
La Corte Costituzionale ha condiviso le argomentazioni di parte resistente. Secondo la Consulta non si rinvengono nella disciplina del subappalto analoghe motivazioni idonee a palesare una irragionevole disparità di trattamento con il divieto di avvalimento ex art. 146, co. 3 del Codice.
Sul punto, rileva la Corte, che in materia di avvalimento l’art. 89 del D. Lgs. n. 50/2016 non prescrive, in linea di principio, che la prestazione sia eseguita dall’impresa ausiliaria; salvo beninteso la facoltà della stessa di assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti previsti dall’art. 89, co. 8.
Tale articolo prevede, inoltre, che l’esecuzione spetta all’aggiudicataria (a cui è rilasciato il certificato di corretta esecuzione) che deve integrare al proprio interno le risorse dell’impresa ausiliaria. In sostanza, nonostante venga accertata l’effettività del prestito dei requisiti, non viene parimenti assicurata l’esecuzione diretta dei lavori ad opera dell’ausiliaria.
Da quanto sopra rilevato emerge la ratio del divieto generalizzato di avvalimento finalizzato a rafforzare la tutela e la valorizzazione dei beni culturali mediante la garanzia che l’esecuzione della prestazione sia eseguita da chi risulta essere in possesso della relativa qualificazione richiesta. Al contrario, l’istituto del subappalto, rileva la Consulta, garantisce un’adeguata tutela dei beni culturali ove siano oggetto di contratto.
Ciò in quanto l’istituto de quo presuppone ed impone che l’impresa abbia i requisiti per partecipare alla gara e di conseguenza: “soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica può eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per sé assicura loro una effettiva e adeguata tutela”.
In conclusione, sia che l’operatore decida di ricorrere al subappalto per ottenere la necessaria qualificazione per le lavorazioni, sia che decida di avvalersi in via facoltativa dell’apporto operativo e gestionale di un altro operatore viene garantito che l’esecuzione della prestazione sia effettuata in proprio e in via diretta dal subappaltatore qualificato.
In definitiva, la Corte ha accolto l’eccezione di infondatezza sollevata dagli Avv.ti Prof. Stefano Vinti e Manuela Teoli statuendo che: “il subappalto non condivide con l’avvalimento la ratio della norma censurata (n.d.r. art. 146, co. 3 del D. Lgs. n. 50/2016), riferibile, per l’appunto, all’esigenza di tutelare i beni culturali, il che smentisce la similitudine rispetto al tertium comparationis”.