Recensione The Predator di Shane Black
Il quarto film della serie fantascientica, in sala dall'11 ottobre.

Al timone del quarto capitolo della saga, arriva Shane Black. Il regista, già attore nel film originale del 1987, confeziona un prodotto appetibile, in omaggio agli action degli Anni Ottanta.
The Predator risulta divertente e brutale allo stesso tempo, nonostante alla critica statunitense non sia particolarmente piaciuto. Anche al botteghino, il film non ha soddisfatto le aspettative. Segno, probabilmente, di una stanchezza fisiologica, accusata dal franchise e dovuta a molteplici fattori.
Eppure,
il produttore John Davis sembrerebbe determinato a rilanciare la
serie fantascientifica e realizzare altri due sequel, preferibilmente
diretti da Black.
Il punto di forza di The Predator rimane la
capacità di intrattenere lo spettatore. Lo script, prevedibilmente,
non offre picchi emozionali, né svolte eclatanti, almeno riguardo alla
trama principale.
Tuttavia, il tallone d'Achille del film rimane il
finale caotico che lascia a desiderare.
Lo
sniper Quinn McKenna (Boyd Holbrook) è in missione in Messico,
quando s'imbatte in un Predator. Come prova dell'incontro, si
impadronisce di parti dell'attrezzatura dell'alieno, spedendole al
proprio domicilio.
Il pacco viene casualmente aperto dal figlio
autistico (Jacob Tremblay). Giocandoci, il piccolo Rory aziona un
dispositivo che causa il ritorno della specie, ora geneticamente
potenziata, sulla Terra.
Il compito di salvare l'umanità spetta alla dottoressa Casey Bracket (Olivia Munn). Ad affiancare la scienziata nella missione ci sarà un gruppo di squilibrati ex marine, a cui è stato diagnostico un preoccupante disturbo da stress post-traumatico.
Nel cast, anche Sterling K. Brown, Trevante Rhodes, Thomas Jane, Alfie Allen e Augusto Aguilera.
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