Recensione film Miracle
Miracle è il film romantico e drammatico al cinema

In una provincia del Gyeongsang settentrionale, in Corea, nel 1988 un villaggio ha solo un binario, senza stazione ferroviaria. Così gli abitanti, per oltrepassare i terreni, devono camminare ogni giorno sui binari compiendo un viaggio di 5 ore, anche per andare a scuola. Il tragitto non è solo lungo, ma anche pericolosa, con gallerie e ponti da attraversare. Mentre marciano, accanto a loro sfreccia il treno, tanto che molte persone sono state vittime di incidenti.
La trama del film Miracle
Sono le necessita materiale a muovere la storia di Miracle, quasi in un clima da neo-realismo moderno, che poi vira vero un côté poetico. Infatti, è il giovane Joon-gyeong (Park Jeong-min), prodigio di matematica del liceo a voler risolvere il problema. Anche il padre Tae-yoon - ingegnere - ha come obiettivo allestire una stazione ferroviaria nel suo villaggio. John si allea così con la sua ragazza Ra-hee (Sono Yoon-ah), sua sorella maggiore Bo-gyeong (Lee Soo-kyung) e gli abitanti del villaggio per stabilire la fermata del treno, ossia una stazione ferroviaria di proprietà privata e la prima del suo genere.
Le due parti difformi del film Miracle
Il film risente della connubio tra intenti sociali del protagonista, e le sue avvenute amorose, che mal si conciliano con una trama edificante. Ma nonostante tale forzatura, emerge - almeno nella prima parte - una lievità del racconto quasi dimenticata, non modificata da effetti digitali, né da strizzare d’occhio allo spettatore. C’è una riscoperta di tempi diradati e elegiaci. A ciò si aggiungono le scenografie naturali, con i paesaggi di Jeongseon, Samcheok, Sangju e Yeongju che mettono in risalto i brillanti colori della regione, con le strade ferrate, i ruscelli, le distese erbose, le montagne imponenti.
Il regista coreano Lee Jang-hoon ha già diretto il film Be With You, e nel raccontare inseguimento di un sogno, si lascia guidare dall’interpretazione intensa di Park Jeong-min, che ha già lavorato a Deliver Us from Evil e Time to Hunt. A nulla servono le lettere inviate da Joon al Presidente della Corea per convincerlo a realizzare la stazione, e gli abitanti decidono di realizzarla da soli. Anche se poi il treno non si ferma.
È nella seconda parte he Miracle appare più artefatto. Alla fine le motivazioni per cui Joon ha voluto così tanto costruire la stazione emergono nella loro vera natura, e l’aspetto personale è quello che conduce di più Miracle alla narrazione classica. Anche il suo desiderio di lasciare il villaggio, con confessioni aperte al padre e alla sorella, paiono più il frutto di un’indulgenza verso i gusti dello spettatori, che il mantenimento della genuinità originale del racconto - ispirato a una storia vera. Così come la canzone dell’ultima scena, Reality di Richard Sanderson stona con l’assunto del film. Ma se il sogno di Joon si realizzerà, è anche per i suoi desideri contrapposti che esplodono nel film.
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