Recensione film Fellini degli spiriti, un ritratto a chiaroscuro del regista
Cinema / Recensione - 31 August 2020 08:30
Fellini degli spiriti esce oggi al cinema
Il documentario Fellini degli spiriti esce oggi nei cinema, diretto dalla giornalista Anselma Dell'Olio . Con una carrellata di sequenze dei film del regista vincitore di cinque premi Oscar entriamo nell'aspetto più astratto di Federico Fellini, quello in cui le esperienze soprannaturali sono fonte di suggestione e ispirazione. In una intervista afferma di non amare il viaggio perché quando ritorna non sente di aver importato nulla di interessante, anzi qualche ricordo "straziante". Ma il viaggio permette di affrontare l'inconscio, "quella, parte misteriosa e tortuosa di se stessi".
Fellini e il soprannaturale
Dopo
La
strada (1954)
entrò
in
un periodo di depressione, perché nel
personaggio di
Zampanò
(Anthony
Quinn) Fellini
identificava
se stesso, e in Gelsomina
(interpretata
dalla moglie Giulietta Masina) una
sorta di vittima. La stessa Masina sì immedesimò ne Il Matto (John
Richard Basehart
),
e ciò portò anche ad un allontanamento dei due. L’attenzione
del regista verso il soprannaturale emerge in
interviste
che la regista rivolge a giornalisti e studiosi.
Lo stesso Maurizio Porro – giornalista
de Il
Corriere della sera -
afferma
che il
film
8
½
(1963)
è realizzato a mo' di una seduta psicanalitica, guidata dal medico
Ernst Bernhard
:
la scoperta della psicanalisi avvenne
iin seguito alla
lettura di alcuni volumi di Carl
Gustav Jung.
Da lì si modifica la percezione
che Fellini
ha
della narrazione cinematografica: le
sequenze di Giulietta
degli spiriti (1965)
sì
svolgono
infatti come
un sogno, con " il linguaggio del simbolo, che è molto più
vero di quello reale".
Per il giornalista Vincenzo Mollica, il Libro dei sogni di Fellini – pubblicato postumo e che contiene una monumentale sequela dei suoi sogni abbozzato in disegni - è come il codice Da Vinci del regista, che indica una mappa della sua visione della vita e dell'arte.
La porta alchemica presente a Piazza Vittorio a Roma, o le suggestioni di Via dei Cessati Spiriti – strada citata anche ne La dolce vita (1969) – erano luoghi in cui lui affermava di avvertire delle presenze. La via è quella che porta all'Appia Antica, con i resti dell'Antica Roma che gli “raccontava qualcosa”.
Le sedute spiritiche sono direttamente collegate a questo aspetto soprannaturale che Fellini andava ricercando, e lo ponevano spesso in uno stato di prostrazione. Per Giulietta degli spiriti intervistò molte cartomanti, arrivando ad conoscere il mondo della preveggenza che altrimenti gli sarebbe stato precluso. Anche l'uso dei tarocchi - e il fascino delle figure ritratte - fornivano un esempio iconografico per le sue forme scenografiche.
Molte attrici raccontano che dalla socievolezza lui riusciva a passare alla cattiveria, e cercava poi di recuperare il rapporto. Tentò di far convivere la religiosità con la trasgressione nel film La dolce vita (1959): soffri molto per la cattiveria con cui i mondo cattolico reagì alla pellicola, tanto che alcuni giornali titolarono "Il pornografo di Porta Pia". Le persone – come è raccontato nel documentario - facevano la fila perché attendevano di vedere un'orgia, è da lì sì creo uno modo di vivere ispirato allo stile del film.
Fellini e il Il viaggio di G. Mastorna
Il
Viaggio a Tulun e Il viaggio di G. Mastorna
sono le due opere incompiute, che per varie coincidenze e segnali lui
rimandò. Ad esempio la scenografia del Duomo di Colonia –
preparata del il secondo progetto - gli cadde a pochi metri. Parlando
col mago Rool, chiese cosa sarebbe successo se avesse realizzato il
viaggio di Mastorna, e un quadro cominciò ad ardere. Da lì affermò
che non avrebbe mai realizzato il film.
Il documentario Fellini degli spiriti si sofferma troppo su alcuni film che evidenziano la passione per lo spiritismo di Fellini, tralasciando invece quei lavori che fanno convergere quell’aspetto verso una più generale poetica visionaria e simbolista: ad esempio Fellini Satyricon (1969) o Roma (1972), fino a Il Casanova di Federico Fellini (1976). Ne esce un ritratto chiaroscuro, interessante ai fini della possibilità di indagare un aspetto poco conosciuto del regista, ma a tratti bidimensionale.
Il traino di Fellini verso la modernità cinematografica è teso da Damienne Chazelle, regista di La La Land: ne Le notti di Cabiria (1956), riferendosi al rapporto con Giulietta Masina che interpreta la protagonista - di professione prostituta – Chazelle ha sentito “qualcosa di doloroso, intimo, di incasinato splendore". Per lui il finale del film è uno dei tre più belli della storia del cinema.
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