Recensione del film Rogue One: A Star Wars Story
Cinema / Recensione - 15 December 2016 07:30
"Rogue One: A Star Wars Story" è il film spin-off di "Star Wars"
Rogue One: A Star Wars Story è il film di Gareth Edwards distribuito dalla Walt Disney. Nel cast ci sono Felicity Jones, Diego Luna, Ben Mendelsohn, Mads Mikkelsen.
La storia è quella di Jyn Erso, giovane irrequieta che deve riunire i ribelli per combattere l’Impero. Finora ha lavorato da sola, adesso opta per la comunità, realizzando una missione disperata per conto dell’Alleanza Ribelle. Il gruppo - con l’intraprendete Saw Gerrera - deve sottrarre i piani della potente arma di distruzione ideata dall’Impero, la Morte Nera.
L’idea del film nacque con la produttrice Kathleen Kennedy che ansiosa di proporre a George Lucas il prosieguo della saga di “Star Wars” con gli Episodi VII, VIII e IX, senti affermare dal regista che era interessante raccontare anche vicende spin-off ambientate in un’altro universo, con personaggi slegati dalla storia di Luke Skywalker.
Il regista Gareth Edwards ha già diretto “Godzilla” (2014) e “Monsters” (2010), sugli effetti di un’invasione aliena. Quindi si ritrova con una gestione dell’immaginifico complessa, fatta di sparatorie contro robot ma anche di elementi psicologici, che ormai la saga di “Star Wars” esige dopo “Star Wars: Il risveglio della Forza” (2015).
Sopratutto la presenza di una figura femminile inaugurata con il film del 2015 è la complessità maggiore, ovvero attribuire ad una donna capacità militari in un universo come quello di “Star Wars” maschile. Una scelta inusuale nella cinematografia recente, portata avanti da “Rogue One” e che continuerà nel 2017 con un'altra eroina, “Wonder Woman”. Così la gestione dello spazio femminile è il più arduo in “Rogue One”, per dare credibilità ai desideri di una giovane che anziché voler costruirsi una famiglia imbraccia armi e tenta di unire i colleghi per catturare la morte nera. Jyn Erso è soldato ed ex-criminale, cresciuta da sola dall'età di quindici anni, sconsiderata e ribelle, falsificò documenti imperiali, possedeva beni rubati, sulle fedina penale c’è anche l’aggressione aggravata e la resistenza all’arresto.
Sono caratteri tipicamente maschili. Così agiva Obi-Wan Kenobi in “Star Wars: Episodio II - L'attacco dei cloni” (2002) e “Star Wars: Episodio III - La vendetta dei Sith” (2005).
Questa presenza rosa all’interno di un mondo bellicoso è l’aspetto più interessante del film, ma al contempo anche l’intreccio e la psicologia difficili da gestire. Se l’idea è avvicinare anche un pubblico femminile alla saga maschile di “Star Wars”, l’obbiettivo è raggiunto. Se invece è creare una nuova genealogia della saga no, perché Jyn alla fine ragiona come un uomo, senza traccia di altro carattere. Il personaggio e il film stesso è come se attendere di essere realizzato, immerso in giochi di spionaggio, combattimenti, albe di lune. Paesaggi tra Islanda, Giordania e le Maldive.
Ricordiamo che il Rogue Squadron è uno squadrone aeronautico apparso per la prima volta in “Una nuova speranza” (1977) con il nome di "Red Squadron”, gruppo di X-wing a cui Luke Skywalker (Mark Hamill) è assegnato dopo essere entrato nell'Alleanza Ribelle. Lo squadrone appare ne “L'Impero colpisce ancora” (1980) come Rogue Squadron: dopo la Battaglia di Hoth lui ne è comandante, pianificando l’attività con un gruppo dei migliori piloti e combattenti in grado di accettare qualsiasi missione per combatte l'Alleanza Ribelle.
E invece in “Rogue One” il concetto di speranza e di ribellione emerge a tratti: doveva essere lo sprone del film ed invece ne è il contorno. Come forse è nell’epoca attuale in cui la comunità di intenti langue. Il medesimo impianto mitopoietico del film è abbassato, in previsione di un target maggiore da soddisfare: maschile e femminile, che replichi i 2,5 miliardi di dollari di incasso di “Star Wars: Il risveglio della Forza”.
A questo lavoro di unione di caratteri hanno infatti lavorato in quattro sceneggiatori, ovvero l’esperto Tony Gilroy che dopo “The Bourne Legacy” (2014) deve affrontare un’eroina differente, Chris Weitz che proviene da “Cenerentola” (2015) sempre della Disney, John Knoll che finora si è occupato solo di effetti speciali per vari film tra cui il disastroso “Tomorrowland - Il mondo di domani” (2015), e infine il più giovane Gary Whitta che la scritto alcuni periodi della serie animata “Star Wars Rebels”. La fusione di esperienze diverse è riuscita a intrecciare una storia che ne dovrebbe richiamare altre e che fatica a definirsi autoconclusiva. Ma che apre nuove strade per il genere di fantascienza, in cui sono le donne a detenere il comando. Infatti in “Star Wars: Episode VIII” (2017) l’orfana Rey continuerà la sua avventura con Finn, Poe e Luke Skywalker.
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