Mostra del cinema di Venezia: recensione film Elisa
Di Leonardo Di Costanzo con Barbara Ronchi e Valeria Golino

Elisa, il riconoscimento di un delitto
Barbara Ronchi dimostra ancora una volta la sua bravura nell'interpretazione di un ruolo complesso come quello di Elisa. Nella storia tratta da fatti realmente accaduti, la Ronchi impersona abilmente una carcerata per omicidio facendo emergere la lacerazione interiore mentre si interroga sulla propria indole. Soltanto l’incontro con un criminologo le permetterà di intraprendere un percorso di accettazione della propria personalità e mantenerla sotto controllo la sua parte violenta.
Di Costanzo dirige una narrazione che interroga i moventi del male, ciò che spinge a compiere azioni irreparabili, e ambienta la trama in un istituto correttivo volto al recupero dei criminali. Mostra, da un lato, la visione del criminologo che tenta di comprendere la personalità del carnefice. E dall’altro mostra i dubbi sulla legittimità d’indagare la personalità dei carnefici utilizzando il personaggio di una madre, interpretata da Valeria Golino, facendolo irrompe nella narrazione per farle porre la visione opposta a quella del criminologo.
Elisa è un film che pone interrogativi e dubbi sulla necessità di indagare l’animo del carnefice. Quando Elisa uccide la sorella, lo fa rispondendo alla propria esigenza di non sentirsi al centro del fallimento dell’azienda di famiglia, di fuggire dai condizionamento di una vita che non riconosce, non si piace come persona. Soltanto quando riesce ad ammettere di aver voluto quell’atto, condannandolo, riuscirà a recuperare stabilità mentale.
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