Libro Hollywoodland di Duccio Mortillaro con la prefazione di Walter Veltroni

Daily / Recensione - 09 July 2018 08:00

In libreria per Ugo Mursia Editore.

image
  • CONDIVIDI SU
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon

Film Contromano

Hollywoodland è la storia di un sogno infranto, ma anche di una luminosa ripartenza. Paolo torna a Los Angeles, dove il suo script sta per diventare un film. Il suo amico, e partner in affari, Giancarlo lo assisterà sulle questioni legali. Il primo passo è quello di affidarsi a Greg, bizzarro editor che sembra uscito da Inherent Vice (che sia il film diretto da Paul Thomas Anderson o il romanzo di Thomas Pynchon) e ha conosciuto tempi migliori: il suo compito è quello di una riscrittura all'americana da sottoporre al pubblico di Peoria, la città di riferimento per le statistiche dell'entertainment industry: a Los Angeles chiamata, in tutta confidenza, the industry.

Turismo - Hollywood

Paolo maldigerisce il risultato: “Sminuendo perfettamente l’introspezione dei miei personaggi, aveva partorito banalità pura per un pubblico ordinario, pronta per essere recitata da attori-macchine che pensano d’essere artisti, aveva lasciato però una patina di sofisticatezza per dare un tono “d’autore”. E Giancarlo, senza recitare, aveva concluso: «Stavolta ci siamo. Questo Greg ha la chiave di Peoria e quelli degli Studios me li pappo io». Più che una risata, era seguita un’espressione che sembrava quasi un tic isterico. Ma bisogna essere un po’ isterici per farcela a Hollywood, ecco perché tutti s’impasticcano. Giancarlo aveva mantenuto quanto promesso.”

La prima riunione formale con gli Studios avviene nell'ufficio del boss, Martin Finch. Finch è l'ex Professore di Paolo. Le sue lezioni di marketing cinematografico, sempre affollate, hanno ispirato anche il suo talento. Si può realizzare un film d'autore e farne un campione di incassi al botteghino? Assolutamente, lo aveva spronato Finch.
Ora però la situazione sta prendendo una brutta piega. Lungo i convenevoli delle due assistenti del boss, sul ritornello di artificiosi riempitivi come amazing, wow, cool, I love it, Paolo ha già inteso cosa lo attende e considera che “forse sarebbe meglio una morte dolce a questo purgatorio di predatori che vogliono capire se siamo indigesti o possono sbranarci senza particolari effetti sull’apparato digerente.”

Infatti, Finch vuole un finale alternativo da scrivere, magari con l'assistenza di uno sceneggiatore interno agli Studios. Paolo cerca invano di ingoiare il rospo: “Ho davanti lo strumento più semplice, eppure spietato ed efficace, per controllare il contenuto di un film. Si fanno dei finali multipli studiati dagli Studios, a misura di diversi gradi di “interesse” dello spettatore, e poi si prepara la beffa per il creativo. Prima gli executive selezionano già un finale che mai è quello più introspettivo e vero, ma sempre quello di chi sta spaparanzato su una poltrona di velluto col poggia gambe in una casa di cartongesso ansimante nel ghiaccio del Minnesota. Poi, i finali sono presentati a delle audience demografiche scelte in maniera “scientifica” (vale a dire sulla base del principio “chi fa guadagnare agli Studios più soldi”). Infine, i film con i finali diversi sono presentati e si chiede alle audience di votare. Naturalmente, vince sempre il finale a prova di cretino, travestito da nozioni d’economia, fi-nanza e da grafici arzigogolati che il creativo non capisce.”

Il finale alternativo è il primo di una serie di diktat imposti. Il film è pensato per andare ai Golden Globe, concorrere per l'Oscar, opportunamente e secondo le regole del mercato note agli Studios. Al creativo non rimane che accettare le condizioni sotto la scure del “you will never work in this town again”.

Hollywoodland gratta la superficie del dorato mondo del cinema, svelandone i meccanismi perversi. Los Angeles è raccontata come una magnifica dea lunatica, il cui vero volto è quello di un arzillo vampiro che si nutre di sogni e dell'illusione di materializzarli.

Della mecca del cinema ne scopriamo le luci, ma soprattutto le ombre, attraverso i quartieri, i ristoranti, le costose griffe che livellano il vissuto.

Mentre Paolo assiste impotente al folle lifting della sua creatura artistica, deve guarire dal mal di amore. Julie, la fidanzata dagli occhi azzurrissimi dei tempi del Master di Cinematografia, l'ha lasciato quando gli impegni professionali portano lei in Florida, e lui in California. Mettere a rischio le proprie reciproche aspirazioni, è un prezzo troppo alto da pagare, le aveva spiegato con sorprendente pragmatismo.

A Los Angeles, Paolo comincia a frequentare “Jamie bella”, una barbie mozzafiato che cerca di uscire dall'inferno dei wannabe, “marci dentro” e stupendi fuori. Ma nella sua vita c'è già, anche, “Olga bella”, incontrata a un festival di San Pietroburgo. E, comunque, arriva Z., un'affascinante norvegese, colta ed elegante, così diversa dalle simil Jamie plastificate che pullulano nella città degli angeli e dei demoni. Z. scrive e dipinge, non conosce nulla del bel mondo di Hollywood, quell'acquario multicolor abitato da squali, caimani e murene, in cui Paolo si sente ormai intrappolato.

Hollywoodland è un romanzo disincantato e divertente. Il lettore si ritrova a sedere in prima fila, partecipe di un tour esclusivo, alla scoperta di una città a misura di mito. Per chi avesse un sogno nel cassetto nel settore cinematografico, il libro è anche un interessante vademecum formativo.

Dopo la delusione in veste di creativo, nonostante il film partecipi alla notte degli Oscar, anche sul lato sentimentale, al protagonista spetta un finale sabotato. Con il botto.

© Riproduzione riservata



Seguici su

  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon