Recensione film X-Men - l'inizio: la normalità del supereroe

Cinema / Recensione - 08 June 2011 10:40

X-Men - L'inizio è il film tratto dal fumetto Marvel

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Nella seconda parte dell’anno il soprannaturale imperversa: a luglio uscirà Harry Potter e i doni della morte - parte II, a novembre Breaking Down – Parte 1. Il trait d’union è proprio la possibilità per i protagonisti di allontanare il superumano, o quantomeno di fare in modo che non interferisca con la vita quotidiana.


Così anche gli X Men, che già nel titolo parodiano i vari Spider-Man, Super-Man, sono più umani che mai. In X-Men - L’inizio  li vediamo scoprire i loro super poteri, negli anni sessanta, quando la guerra fredda faceva temere un terzo conflitto mondiale.

Charles ed Erik sono amici, intenti a scovare i vari mutanti per condurli ad unirsi a  loro e superare la loro vergogna della diversità. Erik ha però una ferita da cicatrizzare: la madre venne uccisa in un campo di concentramento da Sebastian Shaw, ed ora lui ha l’obiettivo di ritrovare il carnefice per vendicarsi. Erik scova Shaw in Russia, dove sta cercando di costringere il Cremlino a piazzare dei missili nucleari a Cuba per scatenare la terza guerra mondiale.

Da qui le vicende politiche sono note, con John Fitzgerlad Kennedy che grazie al suo attendismo evita lo scoppio del terzo conflitto mondiale. E in questo susseguirsi storico, i nostri eroi scoprono i loro superpoteri, formano il loro carattere e tentano di superare il pregiudizio sulla propria diversità. Fino a sancire poi l’inimicizia tra Charles – che diverrà Professor X – e Erik – che diverrà Magneto.

E proprio il concetto di formazione quello che più accomuna i 132 minuti del film, al di là dei vari effetti speciali fini a se stessi e alquanto blandi. I giovani eroi sperimentano i poteri: sono quindi essenziali le scene in cui loro tentano di volare, di correre a velocità disumana, di potenziare le loro forze. E mentre scoprono questa diversità, tentano di comprendere come mantenere il loro carattere umano e in fondo adolescenziale: nonostante siano passati 11 anni dal primo X-Men (2000) di Bryan Singer (qui sceneggiatore), e nonostante si siano affastellate le licenze narrative per scopi d’intrattenimento, qui torniamo alla base del fumetto della Marvel Comics.

Era il 1963 quando il primo albo della prima collana dedicata ai mutanti dal titolo The X-Men nacque dalla collaborazione fra Stan Lee (testi) e Jack Kirby (disegni), ossia lo stesso team creativo di Hulk e Fantastici Quattro. I protagonisti erano cinque adolescenti portatori di una particolare mutazione, o gene X, alterazione del DNA che diffondeva straordinarie facoltà, come ad esempio leggere nel pensiero o volare. Fu poi Chris Claremont nel 1975 a sancire un rafforzamento caratteriale dei personaggi.

E proprio i temi fondati dell’albo erano la paura della diversità, l'odio razziale e la discriminazione: che il regista Matthew Vaughn (già esperto traslatore di fumetti con Kick-Ass, 2010) sa rendere con rispetto.

Un film godibile, calibrato dalla plastica fotografia di John Mathieson (collaboratore di Ridley Scott per Kingdom of Heaven – Le crociate – 2005 -  e Robin Hood, 2010) e dalla accordata  recitazione di James McAvoy, Michael Fassbender, Rose Byrne e quella manichea di Kevin Bacon. È proprio l’interpretazione degli attori a rendere credibile la storia, come a dire che i super poteri sono anche i nostri.

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