Intervista ad Alessandro Fabbri, sceneggiatore della serie TV 1992 nella creazione del 'romanzo storico'

Tv / Drama / News - 14 April 2015 08:00

Alessandro Fabbri è uno degli sceneggiatori di "1992", la serie TV in onda su Sky Atlantic con Stefano Accorsi, Miriam Leone.

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"1992" è la serie in onda su Sky Atlantic: abbiamo intervistato lo sceneggiatore Alessandro Fabbri. La regia è di Giuseppe Gagliardi, è il cast è composto da Stefano Accorsi, Miriam Leone, Guido Caprino, Alessandro Roja, Domenico Diele e Tea Falco.

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D. Nella serie "1992" avete dato grande importanza ai dialoghi più che all'azione: come mai?

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R. “1992” non è una serie action. Anche la linea narrativa che riguarda le indagini di Mani Pulite, che in apparenza potrebbe avvicinarsi di più al genere, in realtà non lo è: l'inchiesta è andata avanti interrogatorio dopo interrogatorio, confessione dopo confessione, priva dunque delle caratteristiche che permettono di dare forma a un giallo o a un thriller densi di scene d'azione. Ma per noi è stato meglio così: “1992” è nato subito, nella nostra mente, come un racconto focalizzato sulla vita dei personaggi in quell'anno per loro fatidico così come è stato fatidico per lItalia. Volevamo esplorare il loro animo, le loro contraddizioni, la loro ambiguità: e questo chiamava uno stile spesso lontano da quello del racconto di azione.

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D. Dopo esserti documentato su questo momento storico, ritieni che Mani pulite sia stato tessuto solo da indagini giudiziarie oppure sia stato anche un agone politico, essendo stati colpiti molti esponenti politici della DC o del PSI?

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R. Mani Pulite ha innescato una valanga di conseguenze giudiziarie, politiche e storiche di cui si discute ancora oggi, in un modo per nulla pacificato, anche perché il tema dello scontro tra magistratura e politica è rimasto sempre attuale fino ad oggi (e temo lo sarà anche domani). Quando una legge viene violata, è una normale conseguenza che venga comminata una pena. D'altronde, quando un'inchiesta giudiziaria colpisce un politico non può non avere conseguenze politiche, e allora si può creare un cortocircuito, un conflitto tra poteri, che a sua volta fa sorgere una domanda: il principio secondo cui la legge è uguale per tutti vale più di ogni altro, oppure la politica ha in qualche modo facoltà di proteggersi, per preservare la tenuta del sistema, che esiste come espressione democratica del popolo? Mani Pulite è stata un'inchiesta giudiziaria che, per forza di cose, è diventata anche, e sottolineo anche, un agone politico. Ma non sono stati colpiti quasi esclusivamente la DC e il PSI. Nel corso del '92 sono stati indagati e arrestati esponenti di tutti, o quasi, i partiti; molti, ad esempio, militavano nelle file del PCI-PDS. Dopo aver studiato l'inchiesta, l'idea che mi sono fatto è che un sistema di potere fosse arrivato agli sgoccioli, avendo perso la propria ragione d'essere sul piano politico, economico e storico. Quel tipo di corruzione non era più sostenibile, dunque il sistema ha cessato di “fare muro” e la magistratura è riuscita a penetrarne i segreti. Spingendolo verso la fine.

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D. Come lavorate ai vari episodi: separatamente e poi vi confrontate, oppure decidete insieme le linee narrative?

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R. Il cuore del lavoro è nella discussione di gruppo, una fase di brainstorming per noi essenziale, in cui si scrive poco e si parla molto, lanciando idee sulle varie linee narrative e sui temi della storia che vogliamo raccontare. È così che “cuciniamo” l'idea, e continuiamo a farlo finché non sentiamo che il soggetto è abbastanza maturo. Solo allora iniziamo a scrivere, ciascuno una parte, lasciando libertà all'estro individuale, per poi tornare al confronto di gruppo: si rilegge insieme, spesso a voce alta, e si raffina il testo lavorando gomito a gomito.

D. Come mai avete inserito i nomi reali dei personaggi storici: Silvio Berlusconi, Antonio Di Pietro, Bettino Craxi piuttosto che nome fittizi?

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R. In realtà non abbiamo mai valutato l'alternativa, questo ci sembrava l'unico modo efficace per creare il nostro romanzo storico: affiancare i nostri protagonisti immaginari ai protagonisti reali del 1992.

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D. Oltre ad essere sceneggiatori della serie, avete partecipato anche ai casting, alle riprese e al montaggio. Come mai?
R. Abbiamo cercato, in accordo con la produzione, di replicare un modello a cui raramente di ricorre in Italia, e che ci sembra possa garantire un risultato migliore, una visione più compatta dal punto di vista artistico. Perché separare le varie parti creative, perché dividere gli sceneggiatori dal regista e dai vari reparti? Se si riesce a lavorare bene in gruppo, il risultato sarà migliore.

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D. Qual è il tuo libro preferito e perché?
R. Ce ne sono tanti, di preferiti! Ma se devo dirne uno, in tema con “1992”, allora dico “American Tabloid” di James Ellroy, un capolavoro di rara potenza.

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