Virginia Woolf, da Orlando alla modernità delle trame
Comics / News - 15 January 2012 10:14
Nuove pubblicazioni confermano la modernità della scrittrice londinese Virginia Woolf
La parità di Virginia Woolf. Uscirà a gennaio Una stanza tutta per sé letto da Isabella Ferrari (Audiolibro. CD Audio formato MP3): il saggio (1929) di Virginia Woolf si basa su una serie di conferenze tenute dalla scrittrice al Newnham e Girton College dell\'Università di Cambridge nel 1928, in cui lei esamina la possibilità delle donne di produrre opere identiche per qualità a quelle di William Shakespeare, tra gli altri argomenti. L’autrice inventa anche Judith \"sorella di Shakespeare\", mostrando come lei non avrebbe avuto le possibilità a lui offerte. \"Una donna deve avere soldi e una stanza tutta per sé per poter scrivere\", polemizza la Woolf.
L’11 gennaio è uscito Romanzi: La crociera-Gita al faro-Orlando-Le onde (Biblioteca Univ. Rizzoli, disponibile anche in ebook), alcune delle opere migliori della scrittrice londinese de La signora Dalloway (1925).
Orlando (1928) in particolare investiga sulle uguaglianze tra uomo e donna, imbastite solo tramite il sesso. La vicenda è di un uomo che percorre la sua vita tranquillamente, senza avere un desiderio che non quello di tirare innanzi la propria giornata: “Concentrandosi in simili meditazioni (o quale altro nome dar loro si voglia), Orlando trascorse mesi e anni della sua vita. Non è esagerazione dire che, uscendo di casa dopo colazione, era un uomo sui trent’anni, e ritornando all’ora di pranzo ne aveva cinquanta almeno”. Tranne per il fatto che passa dall’epoca della regina Elisabetta I all’800 fino al 1928.
All’improvviso, quando si sveglia è diventato donna. E la Woolf descrive il passaggio in una maniera assolutamente normale, come andando a sciacquarsi il viso: “Eccoci dunque interamente soli nella stanza, con Orlando dormiente e gli araldi. Questi, dopo essersi schierati su di un sol rango, danno fiato alle lor trombe, in un ultimo spaventevole urlo: “LA VERITA’”. A quell’urlo, Orlando si svegliò. Si stirò le membra. Si alzò. Sostò ritto in piedi dinnanzi a noi, nella sua assoluta nudità, e mentre durava ancora il tonitruare delle trombe: Verità! Verità! Verità! Altro non ci rimane se non confessare la verità… Orlando era una donna”.
Ora voi direte: come fa un uomo a percorrere i decenni, i secoli? Non è importante, non è essenziale perché come assunto originario sappiamo che questo li è consentito. È un po’ quello che dice la scrittrice pazza Catherine Tramell, ossia Sharon Stone in Basic Instinct (1992): “Si tratta della sospensione della credulità”.
In molto hanno visto nei lavori della Woolf una sorta di deformità, per il dilatare dei tempi descrittivi, un passaggio tra l’irrazionale e l’impossibilità di vivere la quotidianità. Ma forse ciò che resta di lei è proprio la sua strenua battaglia per difendere i diritti dell’uomo e della donna, quasi a voler disegnare un ritratto che li accorpasse assieme. Orlando, in definitiva non dimostra altro che ciò che il protagonista concepiva da uomo, può farlo anche nell’altro sesso. “Orlando, dopo essersi lavata, aveva indossato una di quelle casacche, e pantaloni alla turca, che s’addicono indifferentemente ai due sessi”.
Ma non è solo questo: l’eguaglianza è anche tra i vari momenti della vita. Se passare da una forma all’altra è indifferente, anche un momento della vita rispetto ad un altro ha pari importanza. Tutti sono essenziali – suggerisce la Woolf – e dall’altro verso, tutti sono superflui.
Con La signora Dalloway (1925, da cui è stato tratto il libro The Hours e poi l’omonimo film – 2002 - con Nicole Kidman che vinse l’Oscar come miglior attrice) la Woolf ha raccontato la parità tra chi deve organizzare una festa (la Dalloway) e un veterano che è torna dalla prima guerra mondiale con cicatrici psicologiche profonde. Con Gita al faro (1927) lei ripercorre l’eguaglianza tra i problemi di una famiglia – Ramsay – che attende la visita ad un faro, tra la fatica della pittrice Lily Briscoe mentre dipinge nei problemi familiari, e tra la vita degli abitanti in mezzo alla guerra.
E proprio per questo senso di eguaglianza, di oculatezza nel raccontare in maniera oggettiva e quasi asettica problematiche distanti la stessa Woolf è diventata protagonista lei stessa di racconti: The Hours (1998) di Michael Cunningham agglomera la vicenda di tre donne, ossia la Woolf autrice de La signora Dalloway in preda alla depressione che la portò al suicidio, Laura Brown che grazie al libro della Woolf trova il coraggio di cambiare vita, l’intellettuale Clarissa Vaughan che vive col nomignolo di Mrs. Dalloway per l’affinità con il personaggio. E The Hours (in italiano Le ore) nasce proprio come un omaggio di Cunningham alla Woolf, sua musa ispiratrice: La signora Dalloway doveva chiamarsi inizialmente proprio The Hours.
Per non parlare del pluri-rappresentato Chi ha paura di Virginia Woolf? (1962) di Edward Albee, dove la coppia protagonista vive in una rappresentazione onirica della realtà simile a quella della scrittrice. Dal testo fu tratto l’omonimo film del 1966, dove recitò Liz Taylor che vinse il Premio Oscar.
Lo stesso rapporto con la memoria della Woolf annoda questa possibilità di stabilire delle parità, poiché tutti i ricordi sono d’importanza eguale. Lo dice Charles Fernyhough in un articolo uscito sul The Guardian, considerando la Woolf una delle poche scrittrici capaci di raccontare i ricordi per ciò che suscitano, non per la loro importanza. In questo caso, la Woolf ripercorre uno dei primi ricordi, il modello di fiori sul vestito di sua madre, mentre si riposava in grembo durante un viaggio in treno fino a St. Ives: ma inizialmente il ricordo è collegato al viaggio di andata in Cornovaglia, poiché è conveniente farlo. Solo popola Woolf riconoscerà che la luce nella carrozza suggerisce che è sera, ossia il momento del ritorno da St. Ives a Londra.“La forza della corrispondenza fa venire voglia di attenersi ai fatti, la forza della coerenza vuole raccontare una buona storia”.
Forse questo testo recitato da Isabella Rossellini – e la nuova raccolta di quattro opere – restituisce un po’ di normalità ad una scrittrice per anni considerata preda delle sue ossessioni, in realtà lucida analista della razionalità umana. La sua casa editrice, La Hogarth Press fondata col marito pubblicò Katherine Mansfield, Italo Svevo, Sigmund Freud, Thomas Stearns Eliot, James Joyce e la stessa Virginia Woolf.
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