The Front Runner, dal libro al film: intervista allo scrittore Matt Bai

Daily / Drama / Intervista - 02 January 2018 08:00

Mauxa ha intervistato Matt Bai, autore del libro da cui è tratto il prossimo film con Hugh Jackman, “The Front Runner”.

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Matt Bai è l’autore di "All the Truth Is Out: The Week Politics", libro in cui ripercorre lo scandalo che colpì il senatore Gary Hart nel 1987, inerente una sua relazione extra-coniugale tanto da costringerlo ad interrompere la sua candidatura alle elezioni primarie. Dal libro sarà tratto un film dal titolo “The Front Runner” diretto da Jason Reitman, e con protagonista Hugh Jackman (leggi l’articolo sul film).

Mauxa ha intervistato Matt Bai, giornalista politico e sceneggiatore .

D. Come è nata l'idea del libro "All the Truth Is Out: The Week Politics"?
Matt Bai. Questa storia nacque dal mio primo incontro con Gary Hart alla fine del 2002, quando scrissi di lui per il The New York Times. L'idea di un libro probabilmente mi è venuta poco dopo, ma l'ho conservata per molti anni prima di decidere che c'era qualcosa da esplorare che nessuno aveva davvero indagato.

Qual è l'aspetto più complicato della stesura di questo libro?
È stato un progetto difficile per molte ragioni: il senatore Hart doveva fidarsi di me abbastanza per aiutarlo, e ho dovuto lottare con molta della mia esperienza - e con ciò che mi era stato insegnato come giornalista - per capire cosa volevo raccontare della sua storia. Ma probabilmente la parte più difficile per me è stata superare lo scetticismo dei miei colleghi e amici, persone le cui opinioni ho apprezzato, ma che non potevano davvero capire la mia ossessione. Dopo aver letto il libro, molti dei miei conoscenti che hanno a cuore la politica e il giornalismo mi hanno detto qualcosa del tipo: "Non avevo davvero compreso cosa stessi facendo, ma ora capisco". Forse erano solo gentili, o forse non avevo mai capito come spiegare adeguatamente il concetto del libro prima che fosse pubblicato. O forse entrambi. Ma posso dirvi che non molte persone hanno amato l'idea prima di leggere il libro, e forse non hanno visto l'importanza di Hart - e di ciò che accadde in quel momento - fino a quando il presidente Trump non è stato eletto e improvvisamente l'intreccio tra politica e intrattenimento è stato evidente. E penso che da quella mia esperienza affiori una lezione, la medesima che tendo ad insegnare ai miei figli: a volte devi fidarti del tuo istinto e seguire la tua passione, anche quando le altre persone non la vedono. Dico nell'introduzione al libro che c'è una linea sottile tra l'essere ostinato e l'essere visionario, e non è sempre facile da trovare. Ma spero di essere finito dalla parte giusta.


Qual è il metodo che hai seguito per documentarti, anche con fonti dirette?
Cerco di confermare fatti con fonti contemporanee, o notizie scritte dopo, o con più soggetti intervistati. Ma alla fine, in un progetto come questo a volte devi fare affidamento su un singolo ricordo che sembra credibile, e quando l'ho fatto ho tentato di tenerlo presente nel libro. In generale preferisco citare le mie fonti nel testo piuttosto che nella nota a piè di pagina, perché le note mi sembrano più accademiche e meno narrative. Ci sono stati alcuni casi critici in cui i resoconti contemporanei differivano dai ricordi di quelle stesse persone che vissero l’evento in quel momento: in quel caso tendevo a schierarmi con i racconti scritti, perché le storie che ci raccontiamo venti anni dopo il fatto non sono così affidabili come quello che sapevamo essere vero al momento.


Il libro diventerà anche un film. Hai collaborato alla sceneggiatura con il regista Jason Reitman?
Sì, ho co-scritto la sceneggiatura con Jason e il mio amico Jay Carson. Sono anche un produttore esecutivo del film, quindi sono stato lì per la maggior parte delle riprese, che abbiamo appena terminato a novembre. Jason è un regista di grande talento. Dovreste riuscire a vedere il film verso la fine del 2018, se tutto va secondo i piani. Non mi sono mai divertito tanto come scrittore, ho imparato molto in poco tempo. È stata un'esperienza straordinaria.


Sei soddisfatto della scelta di Hugh Jackman come protagonista, come Gary Hart?
In maniera assoluta. Voglio dire, tutti sanno che Hugh è un attore geniale, e penso che gli spettatori saranno colpiti dalla sua performance, che è così sfaccettata, autentica e divertente. Ma non so se tutti possano davvero apprezzare quanto sia bravo e intelligente Hugh, solo guardandolo nei film. È davvero uno dei colleghi più dignitosi, generosi e divertenti con cui abbia lavorato. Penso che tutti quelli che collaborano con lui avvertano la stessa cosa.

Pensi che il giornalismo entrerà in crisi con l'avvento dei social network?
Penso che ci siamo già da un po'. I social media ci offrono nuove opportunità per entrare in contatto con i lettori, ma minacciano anche il nostro modello economico e, in qualche misura, la nostra integrità. Reagiamo più velocemente e con più sconsideratezza, e questo ha delle conseguenze. E vediamo un effetto di ciò proprio ora, nel modo in cui il Presidente è in grado di esprimersi come la nemesi dei media. C'è una parte considerevole della popolazione negli Stati Uniti che adesso sosterrà chiunque o qualsiasi cosa sembri inimicarsi i media nazionali, tanto profondo è il loro disprezzo. E parte di questo risultato ha a che fare con il declino della fiducia nelle grandi istituzioni in generale, e in parte riguarda la divisione culturale tra cittadini americani istruiti e tutti gli altri. Ma ritengo che parte della causa di tale situazione possa anche essere attribuita a noi e al modo in cui abbiamo reso la nostra politica come un gioco, e come le passioni politiche siano state alimentate. Tratto anche questo aspetto nel mio libro. Questa tendenza è stata accelerata solo nell'era dei social media.
Sei mai stato in Italia?
Alcune volte, anche se solo come turista. Amo il paese e spero di portare presto anche i miei figli.
Cosa pensi della situazione politica dell'Italia?
Sono un lontano osservatore della politica, ma ovviamente negli Stati Uniti abbiamo seguito una traiettoria simile. Il mio ex collega Frank Bruni al New York Times è stato il primo a notare le somiglianze tra il vostro Berlusconi e il nostro Trump, e penso che il tempo lo abbia dimostrato come molto preveggente. In entrambi i paesi, l'intrattenimento, la politica, gli scandali si sono intrecciati in un modo che tutti dovremmo temere, penso.


Hai un libro preferito?
Questa è una domanda impossibile a cui rispondere! Ho libri preferiti in ogni fase della mia vita, ma probabilmente sono tutti di fiction, perché è così che impari a riflettere e scrivere. "The Risk Pool" di Richard Russo ha significato molto per me quando ero molto più giovane, e "American Pastoral" di Philp Roth è uno dei miei preferiti. Entrambi sono resoconti vivaci e brillanti del Nord-est americano post-industriale, in cui sono sono cresciuto. E di recente ho fatto conoscere alcuni romanzi di Kurt Vonnegut a mio figlio di dodici anni, e questo mi ha ricordato quanto "Slaughterhouse Five" (“Mattatoio N. 5”) e alcuni dei suoi altri lavori mi abbiano influenzato da adolescente. Le persone che amano la politica dovrebbero leggere "What it takes: The Way to the White House" (di Richard Ben Cramer, n.d.r.) e "Death of a President" (dello storico William Manchester, n.d.r.), che sono spesso trascurati. Sono vere opere di genio narrativo.


Qual è il tuo prossimo progetto?
Oltre a scrivere la mia rubrica settimanale per Yahoo, sono al lavoro su un paio di progetti di sceneggiatura, tra cui un film che ho scritto con Jay su una massiccia azione collettiva contro la Chevron. Trascorro sempre più tempo sulla costa occidentale e lontano da Washington, che ti offre una prospettiva completamente diversa su dove è diretto il Paese. Anche se vorrei che qualcuno potesse abbreviare il volo.


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