Intervista a Stéphane Beauverger, il Narrative Director di Vampyr
Games / Intervista - 26 July 2018 14:00
Abbiamo intervistato il narrative director del videogioco Vampyr
Vampyr è l’ultimo gioco sviluppato da Dontnod Entertainemnt, software house autrice di Remember Me, gioco futuristico ambientato in una Parigi distopica, e Life is Strange, una delle avventure grafiche meglio scritte dell’intero panorama videoludico. La Londra del 1918, tra influenza spagnola e casi di vampirismo, è lo sfondo delle vicende di Vampyr, action RPG con un’innovativa struttura che unisce scelte morali e mondo di gioco, che si modifica e trasforma a seconda delle nostre azioni. Per approfondire la genesi dell’aspetto narrativo, abbiamo intervistato Stéphane Beauverger, lo sceneggiatore del titolo.
D. Vampyr è uno dei giochi più ambiziosi sviluppati da Dontnod Entertainment. Remember Me è stato un buon titolo action, mentre Life is Strange un’avventura dalla splendida narrativa. Quale è stata l’influenza di questi giochi su Vampyr?
R. Credo sia troppo semplice dire che abbiamo in qualche modo cercato di combinare entrambi. Abbiamo preso l’energia e l’azione di Remember Me, e la libertà di scelta alla base di Life is Strange. Dontnod ha sempre voluto regalare al pubblico grandi storie. Invitando i giocatori a controllare un vampiro braccato da molti nemici ostili, che può anche cacciare e uccidere prede innocenti per sopravvivere, abbiamo cercato di trovare un giusto mix tra una narrativa forte, con molte scelte e conseguenze, e un gameplay che richiede buone capacità di combattimento per sconfiggere dei pericolosi avversari.
D. Londra, 1918: influenza spagnola e vampiri. Da dove è venuta l’idea?
R. Dal momento che volevamo creare un protagonista che fosse sia un dottore che un vampiro, credevamo sarebbe stato grandioso ambientare la storia in un momento storico di grandi scoperte mediche, ma anche in un’era di grande difficoltà e disperazione. La Grande Guerra e l’influenza spagnola erano così perfette per noi. E Londra, con le sue strade nebbiose e notti piovose, era altrettanto perfetta per l’atmosfera cupa che volevamo creare.
D. Dontnod Entertainment è conosciuta come una delle software house più originali negli ultimi cinque anni, specialmente per quanto riguarda la narrazione. E’ questo il vostro primo obiettivo nella fase di sviluppo?
R. Sì, lo story-telling rappresenta per la nostra compagnia il principale obiettivo. Sin dall’inizio sapevamo di voler creare dei videogiochi con la presenza di personaggi forti e plasmati attorno a storie avvincenti.
D. Vampyr ha un mondo unico dove ogni personaggio ha una storia da raccontare. Quanto è stato difficile creare questo genere di sottostato sociale?
R. Non è stato così tanto difficile, ha solamente portato via molto tempo. Avevamo bisogno di leggere e guardare tantissimo materiale per avere un’immagine vivida della Londra del 1918, in modo tale da riprodurre nella maniera più realistica e credibile possibile la vita di quel momento storico, durante la febbre spagnola. Una volta completato, tutto ciò che dovevamo fare era assegnare un ruolo a tutti i personaggi, dare loro una posizione sociale all’interno del sottostrato sociale, dal più povero al più ricco, dal più generoso al più egoista. Abbiamo poi approfondito e scelto le caratteristiche di ogni personaggio, utili al giocatore per scegliere chi uccidere e chi risparmiare.
D. In che modo le decisioni morali influenzano il giocatore? Qui dobbiamo pensare e ascoltare prima di fare una scelta. Credi che i videogiochi dovrebbero offrire questo tipo di profondità, in particolare modo all’interno dei giochi di ruolo?
R. Non credo che il titolo cerchi di dare al giocatore un codice morale. In realtà, il gioco non punisce chi ha giocato in modo “buono” o “cattivo”; non c’è infatti un finale buono o uno cattivo, ma solamente conclusioni logiche, a seconda delle scelte effettuate durante l’avventura. Credo che la cosa più importante sia invitare le persone a pensare alle conseguenze di ogni loro azione. La maggior parte delle potenziali prede non sono polarizzate in “tutto nero o tutto bianco”, ma in Vampyr ci sono diverse scale di grigio. Ogni personaggio ha pregi e difetti, possono avere le loro buone ragioni per essere egoisti o generosi, così come cattive intenzioni. Alla fine, credo che ogni giocatore scelga il suo percorso di caccia, seguendo il proprio codice morale e i propri valori. E credo che questa libertà possa rendere migliore un GDR.
D. Vampyr è uno dei giochi più ambiziosi sviluppati da Dontnod Entertainment. Remember Me è stato un buon titolo action, mentre Life is Strange un’avventura dalla splendida narrativa. Quale è stata l’influenza di questi giochi su Vampyr?
R. Credo sia troppo semplice dire che abbiamo in qualche modo cercato di combinare entrambi. Abbiamo preso l’energia e l’azione di Remember Me, e la libertà di scelta alla base di Life is Strange. Dontnod ha sempre voluto regalare al pubblico grandi storie. Invitando i giocatori a controllare un vampiro braccato da molti nemici ostili, che può anche cacciare e uccidere prede innocenti per sopravvivere, abbiamo cercato di trovare un giusto mix tra una narrativa forte, con molte scelte e conseguenze, e un gameplay che richiede buone capacità di combattimento per sconfiggere dei pericolosi avversari.
D. Londra, 1918: influenza spagnola e vampiri. Da dove è venuta l’idea?
R. Dal momento che volevamo creare un protagonista che fosse sia un dottore che un vampiro, credevamo sarebbe stato grandioso ambientare la storia in un momento storico di grandi scoperte mediche, ma anche in un’era di grande difficoltà e disperazione. La Grande Guerra e l’influenza spagnola erano così perfette per noi. E Londra, con le sue strade nebbiose e notti piovose, era altrettanto perfetta per l’atmosfera cupa che volevamo creare.
D. Dontnod Entertainment è conosciuta come una delle software house più originali negli ultimi cinque anni, specialmente per quanto riguarda la narrazione. E’ questo il vostro primo obiettivo nella fase di sviluppo?
R. Sì, lo story-telling rappresenta per la nostra compagnia il principale obiettivo. Sin dall’inizio sapevamo di voler creare dei videogiochi con la presenza di personaggi forti e plasmati attorno a storie avvincenti.
D. Vampyr ha un mondo unico dove ogni personaggio ha una storia da raccontare. Quanto è stato difficile creare questo genere di sottostato sociale?
R. Non è stato così tanto difficile, ha solamente portato via molto tempo. Avevamo bisogno di leggere e guardare tantissimo materiale per avere un’immagine vivida della Londra del 1918, in modo tale da riprodurre nella maniera più realistica e credibile possibile la vita di quel momento storico, durante la febbre spagnola. Una volta completato, tutto ciò che dovevamo fare era assegnare un ruolo a tutti i personaggi, dare loro una posizione sociale all’interno del sottostrato sociale, dal più povero al più ricco, dal più generoso al più egoista. Abbiamo poi approfondito e scelto le caratteristiche di ogni personaggio, utili al giocatore per scegliere chi uccidere e chi risparmiare.
D. In che modo le decisioni morali influenzano il giocatore? Qui dobbiamo pensare e ascoltare prima di fare una scelta. Credi che i videogiochi dovrebbero offrire questo tipo di profondità, in particolare modo all’interno dei giochi di ruolo?
R. Non credo che il titolo cerchi di dare al giocatore un codice morale. In realtà, il gioco non punisce chi ha giocato in modo “buono” o “cattivo”; non c’è infatti un finale buono o uno cattivo, ma solamente conclusioni logiche, a seconda delle scelte effettuate durante l’avventura. Credo che la cosa più importante sia invitare le persone a pensare alle conseguenze di ogni loro azione. La maggior parte delle potenziali prede non sono polarizzate in “tutto nero o tutto bianco”, ma in Vampyr ci sono diverse scale di grigio. Ogni personaggio ha pregi e difetti, possono avere le loro buone ragioni per essere egoisti o generosi, così come cattive intenzioni. Alla fine, credo che ogni giocatore scelga il suo percorso di caccia, seguendo il proprio codice morale e i propri valori. E credo che questa libertà possa rendere migliore un GDR.
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