Intervista a Niccolò Bossini, chitarrista di Ligabue e autore del nuovo album "Secondolavoro"
Niccolò Bossini risponde alle domande di Mauxa per la rubrica "Di che cultura sei?"

Mauxa intervista Niccolò Bossini, chitarrista di Ligabue che ha pubblicato il nuovo album “#Secondolavoro”:
\r\nD. Nel nuovo singolo "Alcatraz" tratto da "#SECONDOLAVORO" citi "Abbiamo un piano per fuggire, non c'è tempo d'aspettare! / Da una dura prigione / Dalla tua depressione / Da noi stessi, da quando non ci sopportiamo più / Come un incontro di boxe". Rispetto al precedente "QBNB" qui opti per tematiche più sociali: come mai?
R. Onestamente non lo so come mai. Diciamo che io faccio le canzoni secondo la cosa che mi ispira o colpisce di più al momento. In quel momento volevo parlare di un disagio, che però è generalizzato e non soltanto sociale. La depressione, noi stessi quando non ci sopportiamo più... secondo me tutti prima o poi hanno passato o passeranno un momento in cui non si sopportano se stessi. Si vorrebbe essere qualcun altro, scappare. Capita. Però anche in “QBNB” il tema della fuga dall'Italia era stato toccato, in "Rumori di Londra", storia di due ragazzi che decidono di scappare a Londra perché qui "non c'è più nulla da salvare" e a Londra "nessuno ci dirà di no". La realtà poi, dai sogni, è un'altra cosa. Ma immaginare di fuggire è già di per se una fuga.
D. Come mai hai deciso di registralo a Los Angeles?
R. Perché abbiamo avuto la possibilità di andare ai Sound City tramite Michael Urbano (batterista di Ligabue) e mi sembrava totalmente adatto per quello che stavo cercando sia dal punto di vista sonoro che proprio di concetto musicale: un ritorno agli anni 90. Al Sound City infatti i Nirvana registrarono "Nevermind": il manifesto rock di quel decennio.
D. Hai lavorato al recente album di LIgabue "Mondovisione". Come è nata la collaborazione e come è proseguita?
R. E' nata con un provino fatto ormai diversi anni fa, nel febbraio del 2005. Mi sono presentato quasi per caso, ma è stato un colpo di fulmine, sia a livello musicale che umano. Con Luciano mi sono sentito a casa sin dal primo giorno in studio e poi naturalmente sul palco. A parte L7 (il tour di 14 date tra Roma e Milano del 2007) ho partecipato a tutti i dischi e tutte le tournée che ha tenuto dal 2005 sino ad oggi.
D. Qual è il tuo cantante e album che più ti ha influenzato?
R. Si va a periodi. Uno dei cantautori più duraturi nelle mie preferenze (anche se non amo avere preferenze assolute) è sicuramente Bob Dylan. Il vecchio Bob è sicuramente il padre di chiunque voglia scrivere un grande concetto in una piccola canzonetta di 3 minuti. Per quanto riguarda i dischi è singolare, ma un disco che ha segnato una svolta per me è stato un best of: quello dei Blur. L'ho ascoltato che avevo venti anni e sino a li io avevo perlopiù ascoltato hard-rock e punk e mi ero concentrato (più che sull'ascolto di tutta la musica) sullo studio del mio strumento, per migliorare ogni giorno di più. Quella raccolta di belle canzoni inglesi mi ha incantato a tal punto che da li ho cominciato ad ascoltare tutta la musica che potevo e credo di averne ascoltata veramente tanta. In fondo anche questo è il mio lavoro.
D. Qual è il tuo libro preferito?
R. “Meridiano di sangue”, di Cormac McCarthy. E' il mio libro preferito perché è il mio libro preferito di Cormac McCarthy, che è il mio scrittore preferito. Ma come ti ho detto, voglio non avere preferenze assolute. Solo nel calcio faccio il tifo per qualcuno.
D. Qual è il tuo prossimo progetto?
R. Continuare #acasatour2014 e renderlo un progetto al di là del piccolo tour promozionale che è stato appena fatto. Vorrei fare un tour vero e proprio, un'altra decina di date e magari un paio anche all'estero. Per concluderlo a casa mia, a Poviglio, una piccola cittadina in provincia di Reggio Emilia. Non ovviamente nel mio appartamento, ma in uno spazio all'aperto, grande. Un modo per concludere in bellezza un bel progetto. E poi naturalmente il nuovo album. Il terzo, quello - a detta di molti - decisivo.
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