Dario Biello, intervista al regista de La città macchina
Cinema / Intervista - 10 January 2025 07:00
Arriva in sala il docufilm sulla citta' futurista del'900
Incontriamo Dario Biello, regista della serie sulla ricerca dell’anima futurista delle città del 900. Perché La Città Macchina, qual è il senso di questa esperienza?
Il senso della ricerca della Città Macchina è quello che possiamo ritrovare in tutta la Serie Italia Novecento, il nostro intento è quello di ricercare una sintesi tra cinema e architettura proponendo dei docufilm che abbiano un valore di rigenerazione sociale e culturale, prima che infrastrutturale. Il nostro obiettivo è quello di proporre un nuovo concetto di cinema territoriale, portando gli spettatori a riconoscersi nelle proprie storie, storie che spesso sono relegate ai luoghi definiti di periferia, concetto per noi da superare affermando il principio di nuove centralità nel Paese. Queste storie sono le storie del ‘900 italiano, episodi che hanno caratterizzato il XX secolo raccontando di un’Italia che nell’innovazione, nel lavoro e nel progresso ha visto la base dell’epoca contemporanea oltre ogni retorica classica e da cartolina. Con il nostro lavoro oggi intendiamo porre al centro dell’attenzione questi luoghi, superando il concetto di musealizzazione del moderno, e promuovendo una cultura della ricerca verso le soluzioni delle città del domani.Ricercare l’identità storica attraverso lo studio del tessuto urbano, è questa la memoria che viene indagata in La Città Macchina. Da dove nasce questa idea?
Nella città, nel tessuto urbano, in quello storico ed industriale ci sono le nostre radici più prossime, quelle della cultura del ‘900, questa indagine riteniamo possa essere necessaria per stimolare ogni futura azione nei luoghi dove abitiamo. Questi docufilm attraverso il mezzo cinematografico intendono stimolare una presa di coscienza dei propri valori e della propria storia più recente, solo con queste premesse possiamo oggi vivere in modo costruttivo ed attivo la stagione della rigenerazione urbana,. La serie Italia Novecento, ed in particolare il film La Città Macchina, lo possiamo definire come le istruzioni per l’uso della città di domani, ovviamente ci sono anche degli effetti collaterali, e noi proviamo a raccontarli.Nella sua professione d’architetto, quando è importante conoscere il passato per comprendere il futuro che comunque, nella sua opera, viene dichiarato come inafferrabile? Il futuro è una Lancia Siluro inarrivabile?
Il futuro è una parola da sempre abusata, ci si nasconde spesso nel futuro per fuggire dalle complessità del presente per poi confortarsi nel passato. Il futuro per sua natura è irraggiungibile, è quindi una macchina fantastica che si muove nelle vite di tutti, che percepiamo, ma che non riusciamo mai a prendere in modo nitido. Con queste premesse, in ogni professione, che sia l’architetto o il regista, ci viene chiesto di interpretare un futuro prendendo delle scelte, queste sono sempre influenzate dal passato, che è l’unico strumento certo per leggere come si è sviluppato il futuro di cento anni fa. Quindi oggi proviamo ad intendere e a progettare un futuro possibile, guardando al futuro trascorso nel quale viviamo.Cosa possono attendersi gli spettatori da La Città Macchina?
Dalla Città Macchina ogni spettatore dovrebbe cogliere il valore della propria storia, quella vissuta direttamente, imparando a soffermarsi sulle nostre radici più prossime, quelle del ‘900, periodo spesso invisibile, offuscato dal peso di secoli di storia classica che caratterizza il nostro Paese. Al pubblico si chiede solo lo sforzo di una presa di coscienza consapevole, restituendo in cambio una visione diversa delle proprie città e superando ogni concetto di periferia, fisica o mentale.Qual è la città che secondo lei meglio amalgama tradizione e senso futurista?
Il futurismo è un tema di attualità dal 1909, l’anno di pubblicazione del suo Manifesto, ma il futuro è il tema dei temi che insiste nell’uomo dalla sua nascita. Non esiste una città futurista e non esiste una città tradizionale, esistono le città che si rapportano al tempo stratificandosi, in questo senso ogni città è una amalgama tra tradizione e futuro. La vera amalgama è forse nel saper fare italiano, nella storia delle nostre arti applicate del ‘900, il cinema, l’architettura, il design, la moda, sono quelli i contesti dove potevamo trovare la versa sintesi tra un senso futurista e una manifattura tradizionale. Oggi nelle città come in ogni arte non c’è più il coraggio di interpretare il futuro e di sporcarsi le mani con l’artigianato, si vuole cercare sempre la strada più rassicurante e quindi più scontata, per questo il vero auspicio, prendendo spunto proprio dai Futuristi, è quello di non avere mai paura del progresso, che ha sempre ragione, anche quando ha torto, perché è proprio nell’errore di una strada sbagliata che spesso si trova la soluzioni per crescere.© Riproduzione riservata