Agadah, intervista all’attore del film Alessio Boni
Cinema / Teatro / Intervista - 13 November 2017 08:00
Mauxa ha intervistato Alessio Boni, interprete del film “Agadah”
“Agadah” è il film di Alberto Rondalli nelle sale da questa settimana. Mauxa ha intervistato l’attore Alessio Boni, che in queste settimane è anche al cinema con “La ragazza nella nebbia” e la serie tv “La strada di casa”.
D. Nel film “Agadah” interpreti Pietro Di Oria. Puoi raccontarci il tuo personaggio?
Alessio Boni. Il film parte da una sceneggiatura che è stata scritta da Rondalli. Il protagonista è Alfonso di Van Worden che dopo la battaglia di Lepanto deve fare un viaggio, passa per le Murge e affronta varie vicende. Qui s’imbatte in apparizioni, sogni, tra cabala, geometria, aritmetica, in una realtà sconcertante. Io interpreto uno di questi personaggi, Pietro Di Oria un cabalista ebreo. L’ebreo che quasi con la sua fede ortodossa, maniacale, rimane infelice per tutta la vita, ma deve seguire il suo obiettivo. È stato divertente interpretare un personaggio simile, mi piace molto entrare in ruoli diversi da me. È un film quasi anacronistico rispetto ad oggi, con scroci della natura meravigliosi, attori come Valentina Cervi, Flavio Bucci, Umberto Orsini.
È un ottimo cast, con facce caratteristiche. Questo film ci ha permesso dir realizzare un bel viaggio in un ambiente completamente diverso dal nostro. Non c’è molta stregoneria, ma ti porta nei meandri di un occultismo. C’è tutta la tradizione ebraica che si svolge dentro casa, con un rito, una movenza che ti permette di far riemergere un’atmosfera. Ad esempio l’anello che va indossato a destra e non a sinistra.
D. Il film è ispirato a “Manoscritto trovato a Saragozza”, romanzo in francese del 1805. Tu hai già lavorato a film o serie tv ambientate in altre epoche, come “Caravaggio”, Ulisse”, “Sanguepazzo” che era ambientato nel 1945, “Guerra e pace”. Ti piace di più lavorare in film ambientati in epoche passate?
Alessio Boni. “Manoscritto trovato a Saragozza” è del 1805, ma “Agadah” è ambientato nel 1734. La forza predominante quando leggo un bel personaggio risiede in una bella sceneggiatura. Come in “Guerra e pace” da Lev Tolstoj: cosa gli vuoi dire? Lo studiavamo già all’Accademia (Silvio d’amico, n.d.r.), quindi poterlo rappresentare è un sogno. Caravaggio è un genio assoluto, per quel ruolo ho scartabellato i suoi scritti. Un personaggio simile ti conduce alla storicità che noi abbiamo lasciato perdere. Se il film è ambientato ai giorni nostri va bene, un personaggio scritto oggi può essere più machiavellico di quello passato. Ma studiare i personaggi dell’epoca è affascinante.
D. Quando reciti, pensi ad entrare nel tuo personaggio oppure all’opposto, ad estraniarti?
Alessio Boni. Entro il più possibile. Leggo testi, tomi, li sviscero, incamero. Lascio sedimentare, mi lascio fluire come un fiume in piena. Mi stacco da Alessio completamente, devo dimenticare come la penso io, ma devo sforzarmi di capire come ragiona lui al cento per cento. Quando interpreti un assassino che uccide un bambino, se non fai uscire lo sguardo da Alessio, la macchina da presa lo recepisce. Se interpreti Hitler, devi pensare come Hitler, perché devi credere che sia giusto ragionare come lui, con le sue manie. In “Arrivederci amore ciao”, difendevo quel personaggio di assassino, non lo avallavo; lo stesso faccio nel film “La ragazza nella nebbia”. Quando tu ci credi al mille per mille, forse il pubblico ci crede al cento per cento.
D. Nella fiction “La strada di casa” uno dei temi è la ricerca di identità del protagonista che si sveglia dopo cinque anni di coma. Cosa pensi di questo progetto e dei suoi significati?
Alessio Boni. Penso sempre di lanciare un messaggio. Se l’ho scelto è perché mi piace, di solito noi giudichiamo sempre gli altri. Invece qui il protagonista Fausto Morra indaga su se stesso, ha anche timore di dire chi è: c’è un assassinio e potrebbe essere lui l’artefice. Lui arriva a comporre la sua memoria.
Invece di farci fagocitare da questo cinismo, della corsa, noi dovremmo soffermarci ogni tanto, cercaci dentro, capire quale persona si è. Se noi non ci soffermiamo mai, lui sì: è un messaggio, una metafora per rinascere.
D. Qual è il tuo prossimo progetto?
Alessio Boni. È cinematografico, teatrale e televisivo. Però non posso parlarne.
D. Se potessi essere un personaggio storico, quale vorresti?
Alessio Boni. Nelson Mandela.
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