Nella prima raccolta poetica di Ungaretti, L’allegria si avverte un clima crepuscolare e memore della tradizione futurista. La sintesi della lingua, affinché renda in poche parole il senso di un’esperienza è ben reso da Commiato, in Porto sepolto: “Quando trovo / in questo mio silenzio / una parola / scavata è nella mia vita / come un abisso”. La parola è scandalosamente isolata in versi brevi, ed è proprio l’esperienza della guerra – cui Ungaretti partecipa – a dare nudità a queste parole. Il titolo Allegria è quasi un invito: solo dal fondo della disperazione, è possibile risalire e gioire, divenendo una “docile fibra” dell’universo (I fiumi), resistendo alla morte, recuperando una solidarietà con gli altri uomini, ritrovando la fratellanza nel brivido di una fragilità, tenera come “foglia appena nata”, ma capace di “rivolta” contro “l’aria spasimante” lacerata dagli scoppi dei proiettili (Fratelli). “Lasciatemi così / come una / cosa / posata / in un / angolo / e dimenticata / Qui / non si sente / altro / che il caldo buono / Sto / con le quattro / capriole / di fumo / del focolare” (Natale).
La sofferenza è rugosa come la pietra carsica (Sono una creatura): è da questa pietra che si scorge l’avvenire, un sensuale anelito ad un “paese innocente”. L’asprezza poi si risolve nel risveglio, nel Mattino dove “M’illumino / d’immenso”.
Registrati o Accedi su Mauxa.com per votare questa scheda