I 400 colpi, il film sulla diseducazione di Francois Truffaut a 58 anni dall’uscita
Cinema / Classico / Approfondimenti - 24 November 2017 08:00
“I 400 colpi” di di Francois Truffaut usciva in questi giorni al cinema.\r\n\r\n
I 400 colpi è il film di Francois Truffaut che usciva in questi giorni negli Stati Uniti, il 16 novembre 1959.
\r\nAntoine Doinel (Jean-Pierre Léaud) è un giovane ragazzo che vive a Parigi: il patrigno Julien lo tratta in malo modo, non badando troppo ai suoi bisogni. La madre (Claire Maurier) è in balìa del nuovo femminismo e nasconde un amante.
\r\nAntoine a scuola è anche tormentato dall’insegnante (Guy Decomble), perché è considerato troppo indisciplinato: durante la lezione giustifica la sua assenza a causa della morte della madre. Una bugia che però rivela anche il rapporto di Antoine con la sua famiglia.
\r\nAntoine fugge anche da casa, lascia la scuola e ruba una macchina da scrivere dal posto di lavoro del patrigno per finanziare i suoi piani di andarsene di casa. Ma il suo paiano fallisce, perché viene arrestato mentre cerca di restituirla.
\r\nIl patrigno consegna Antoine alla polizia e il giovane trascorre la notte in prigione, dividendo una cella con prostitute e ladri. Durante una testimonianza con il giudice, la madre di Antoine confessa che suo marito non è il padre biologico del figlio. Antoine è posto in un centro di rieducazione per giovani in difficoltà vicino al mare, che lui non ha mai visto. Lo psicologo dell’istituto cerca di sondare le ragioni dell'infelicità di Antoine, ma lui risponde solo con frammentari monologhi.
\r\nUn giorno, mentre gioca a calcio con gli altri ragazzi Antoine fugge passando sotto una recinzione e va verso l’oceano.
\r\nIl film è il racconto di una formazione autonoma, senza regole: lo stesso ordine che manca nella sceneggiatura del film, e che proprio per questo ha sancito il successo della pellicola. Non occorrono dettami per mostrare uno stato d’animo, ma solo gesti che sembrano inconsulti e che in realtà posizionati uno visitino all’altro rendono la forma del carattere.
\r\nCosì il ventiseienne Francois Truffaut non sua riprese oleate come quelle del cinema che finora aveva imperversato in Francia. Alla fine degli anni '50 un gruppo di critici cinematografici giovani e iconoclasti voleva attaccare le convenzioni, non solo del cinema ma in generale della cultura. Iniziarono a creare film personali, e per assurdo l’aspetto più sconvolgente ce si poteva narrare era entro la propria personalità.
\r\nTruffaut - con sceneggiatura di Jean-Luc Godard e Marcel Moussy - scava nella sua infanzia travagliata per raffigurare un adolescente che vorrebbe essere ducato, ma che non trova appigli: la made lo fa dormire in soggiorno, in un sacco a pelo perché non ha avuto ancora tempo di comprare le lenzuola. “Non ho più calze attorno a questi buchi”, dice Julien che poi con sfrontatezza si rive al patrigno: “Ho bisogno di soldi per pranzo, papà. Solo 1.000 franchi”.
\r\nCosì lui “innalza l’inferno”, traduzione del modo di dire francese"faire les quatre cents coups”.
\r\nTruffaut disse che “Voleva solo esprimere la sensazione che l'adolescenza è un brutto momento da superare”, ma nei due mesi di riprese ha sovvertito molti canoni. Se la storia era personale, il budget si modellava a tale scelta: fu sono di 50.000 dollari, con riprese che avvennero in luoghi reali, resi più vividi dalla fotografia di Henri Decae, con scatti che rispecchiano la libertà e la spontaneità con cui Antoine e il suo amico Rene vagano per le strade parigine.
\r\nIl film fu presentato al festival di Cannes del 1959. Fu votato come uno dei dieci migliori film in lingua straniera dell'anno dal New York Times Film Critics.
\r\nIn una scena, Antoine e Rene vanno in giro per la città: ad un certo punto rubano l'immagine di una donna. È Harriet Andersson, nel film “Monica e il desiderio” (1953) di Ingmar Bergman, su due giovani amanti che sono fuggiti da casa per "vivere la propria vita".
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