Venezia 81: recensione film I'm Still Here, giustizia sommaria

Cinema / Recensione - 01 September 2024 19:01

Scopri la recensione di I'm Still Here, il film in concorso di Walter Salles: trama, cast, critica

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Film Twisters - video

In Brasile, nel 1971, la famiglia di un ex deputato Rubens Paiva (Selton Mello) è distrutta dal suo arresto, accusato di essere connivente con un gruppo terroristico. Ad essere vittima degli interrogatori - condotti in maniera sommaria – è anche la moglie Eunice (Fernanda Montenegro) condotta incappucciata in prigione insieme ala figlia minorenne.

In I'm Still Here (Ainda estou aqui) il regista Walter Salles - che ha già lavorato a I diari della motocicletta e On the Road – esegue una panoramica inedita sulla violenza della dittatura, perché vista con gli occhi della donna: Eunice vive ormai impreziosita nel suo ruolo di moglie e madre dalla vita elegiaca, con i figli che escono da casa e fanno il bagno nella spiaggia adiacente. Questa aurea è poi fenduta dall’irruzione dell’esercito: “sono un parapsicologo” afferma un soldato che si presenta a casa, e gentilezza di lei nel volergli offrire il pranzo, mentre il marito è stato trasportato in questura per un interrogatorio, stride con il clima oscurantista della dittatura.


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Il caso irrisolto della scomparsa di Rubens Paiva

Nella speranza di arrestare "Adriano" - nome in codice di Carlos Alberto Muniz, Militante dell'MR-8 e contatto di Carlos Lamarca, all'epoca l'uomo più ricercato del paese - i militari non si fanno scrupoli di torturare Paiva. Lui esce di casa in giacca e cravatta, guidando la propria macchina per recarsi all’interrogatorio, e il successivo ritrovamento della vettura costituì la prova dell'arresto dell'ex deputato, circostanza che le forze dell'ordine hanno negato. Il regista Walter Salles avrebbe dovuto indagare di più questo aspetto crudo e aberrante, e non limitarsi per la prima mezzora a mostrare la vita idilliaca della famiglia, tra balli e cene conviviali. Il deputato è stato, infatti realmente lasciato nudo in una caserma, disteso in una cella in fondo al corridoio con gli occhi chiusi, il corpo vittima di un’emorragia interna: morì a causa delle ferite riportate durante le sessioni di tortura. Se il mistero della morte di Paiva è uno dei casi irrisolti del Brasile, ben altro piglio investigativo avrebbe dovuto assumere la narrazione. Solo dopo due anni nella regione montuosa dello stato di Rio sono stati ritrovati i trovato suoi resti, poi rimossi e trasportati in un camion allo yacht di Rio de Janeiro Club, dove furono imbarcati su una barca, portati in alto mare e gettati in mare.


Tale violenza cieca non trova invece qui una rappresentazione, se non dal punto di vista della moglie, che sente vacillare la sua vita per la scomparsa del marito. Ma in questa maniera non si rende tangibile ciò che ha patito Paiva, sola vittima di questa vicenda della dittatura militare. Tanto che ancora non ha trovato giustizia: ad aprile 2024, il Consiglio nazionale per i diritti umani ha riaperto le indagini sull'omicidio.


© Riproduzione riservata


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