Venezia 80, recensione film The Killer
The Killer è il film in concorso presentato alla Mostra del cinema di Venezia
Un killer
senza scrupoli che gira il mondo e che è costretto, alla fine, a fare i conti
con se stesso. David Fincher (Fight Club, Seven) torna a viaggiare all’interno della mente umana tramite la
storia di uno spietato assassino, cercando di rilanciare l’intimo del
personaggio. Lo fa attraverso una narrazione incalzante, anche se a volte
prevedibile, tesa più che altro a mostrare la serie di omicidi come una catena
di eventi “mentalizzati” proprio dal killer. Un processo, quello della
mentalizzazione, che però alla fine si scopre vulnerabile. La sfida di Fincher
è di destrutturare la freddezza umana.
La vendetta del film The Killer
Sin dalle prime scene si capisce quale sarà il tiro del film: il killer, interpretato da Michael Fassbender (sul set insieme a Tilda Swinton, Charles Parnell, Arliss Howard) si ritrova dentro un palazzo abbandonato, proprio di fronte all’appartamento in cui la sua vittima sta portando avanti un incontro galante. La preparazione del “colpo”, lenta, ritmica, ossessiva, sarà il filo rosso di tutto il film: è il mantra che il killer ripete a se stesso per riuscire a portare a termine il suo piano, “senza distrazioni”. Quel primo colpo però finisce male: il proiettile infatti manca il bersaglio principale e centra invece la prostituta presente sulla scena, scatenando così una serie di “revenge”.
Schede
The Killer: Fincher oltre i limiti della freddezza umana
Il meccanismo che si innesca colpisce la compagna del killer, aggredita in casa quasi fino alla morte. A quel punto il killer inizia un viaggio intorno al mondo, per cercare di risalire alla catena di comando. Un omicidio dopo l’altro, con i mantra dell’assassino che resta sempre ben fisso sullo sfondo, quasi fosse una nenia che accompagna lo spettatore. Ma gli spazi tra un omicidio e l’altro segnano per il killer dei momenti di riflessione, che lo riportano al suo essere e a riscoprire l’essere “uno in mezzo a molti”, non più “uno in mezzo a pochi”.
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