Venezia 76, recensione del film Martin Eden
Martin Eden è il film presentato alla Mostra del Cinema di Venezia

Pietro Marcello racconta una storia di redenzione, quella del giovane Martin Eden - il cui nome è anche il titolo del film - che da semplice marinaio vorrebbe giungere a diventare scrittore.
Il motivo di tale slancio è l'incontro con una ragazza di estrazione sociale superiore alla sua, Elena Orsini (una seducente Jessica Cressy) e che tenta di portarlo ad un livello di istruzione maggiore - Martin ha frequentato solo le scuole elementari.
Così la vicenda di Martin è anche quella di una generica emancipazione, che però nel film è raccontata con l'ingenuità sia di sceneggiatura che di regia. Tanto la prima è poco credibile, quanto la seconda raffazzonata.
Il passaggio al successo di scrittore - tanto da partecipare ad un tour negli Stati Uniti - è trattato in maniera veloce, così da risultare sbilanciato. A ciò si uniscono gli ideali politici cui Martin pare avvicinarsi, quelli che lui chiama dell’individualismo contro il socialismo cui invece viene affiancato: ma anche questo aspetto viene inserito in maniera casuale. Se nel romanzo di Jack London - da cui il film è tratto - il movente politico è inserito come contraltare del carattere del protagonista, qui invece è solo un momento che serve a giustificare l’abbandono da parte della fidanzata - la cui famiglia non approva la relazione.
La macchina da presa si fissa su sguardi dei passanti, quasi fosse un documentario televisivo: per poi proporre immagini di repertorio che non collimano con la vicenda raccontata. Ottima è invece l'interpretazione di Luca Marinelli, che alterna il registro furioso a quello dolente con rara perizia.
Ma non basta per salvare un film la cui ambizione è delusa da troppa approssimazione.
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