Venezia 73: The Bleeder, recensione della discesa e ascesa di un eroe finora sconosciuto
Cinema / Recensione - 03 September 2016 08:30
Tra i titoli Fuori Concorso presentati durante il Festival di Venezia 2016 un posto d'onore è riservato a The Bleeder, film diretto da Philippe Falardeau, con Liev Schreiber e Naomi Watts.
The Bleeder nasce come co-produzione americano-canadese che vede alla regia Philippe Falardeau, potendo contare su una performance impeccabile, quale quella di Liev Schreiber, sostenuta da una spalla di tutto rispetto, quale il personaggio di Naomi Watts.
Sono gli anni Settanta e il pugile Chuck Wepner (Liev Schreiber) sogna di scalare la classifica dei pesi massimi mondiali. Essendo l’unico bianco tra i primi dieci, Chuck vede una possibile svolta per la sua carriera avvicinarsi quando gli viene proposto di scontrarsi sul ring con il campione vigente, l’imbattibile Muhammed Alì. Riuscendo storicamente a resistere 15 round senza cadere al tappeto, Chuck accoglie di buon grado la fama e la gloria conseguente lo scontro, ma l’elevato grado di insicurezza che si porta addosso lo spinge ad avvinghiarsi al trinomio alcol, donne, droga, rimanendone vittima. Distruggendo pezzo dopo pezzo la sua esistenza, buttandosi nelle braccia dei vizi più distruttivi, Chuck perderà non solo la famiglia, moglie e figlia, ma anche l’opportunità di prendere parte come attore al sequel del cult Rocky, film girato prendendo spunto proprio dalla sua vicenda personale di pugile. Ma come i pugili professionisti si rialzano sempre dopo aver imparato ad incassare efficacemente un colpo, così Chuck Wepner saprà risollevarsi dal baratro in cui era scivolato, riemergendo a nuova vita, non senza l’aiuto di una nuova compagna, Linda (Naomi Watts).
Philippe Falardeau decide di impostare un filo conduttore capace di tenere in mano le fila del discorso attraverso l’utilizzo di un efficace narratore interno impersonato dal protagonista stesso, il pugile realmente esistito Chuck Wepner. Prendendo a prestito la travagliata storia dell’ascesa, caduta e ripristino della vita di Chuck, The Bleeder narra in modo spigliato, ma non per questo meno intenso, i momenti salienti che hanno contribuito a definire l’esistenza di un eroe, in bilico precario tra fama, accerchiato da folle esaltanti le sue gesta sul ring, e baratro, in completa solitudine con il se stesso consumato dalla droga.
Lavorando con un cast verso il quale non si può che nutrire un profondo rispetto, Philippe Falardeau manipola efficacemente il talento esplosivo che dimostra avere l’attore Liev Schreiber e, ponendogli accanto una personalità attoriale del calibro di Naomi Watts, dà vita ad un’opera capace di narrare gli alti e bassi dell’uomo prima che del pugile. Disponendo di campi e contro-campi, ma imponendo alla macchina da presa di oscillare, quasi a voler materializzare quella tangibile insicurezza propria del protagonista, The Bleeder mette insieme i pezzi del puzzle che compongono l’esistenza di Chuck Wepner, incollando ogni tassello al suo posto, per un mosaico dove compare di tutto, ma ogni cosa è ben inserita, dalla rappresentazione degli incontri sul ring, alla focalizzazione sulle scelte di un uomo comune, ma chiamato ad essere testimone di eventi che rimarranno scritti nella storia.
E allora il Chuck Wepner di Liev Schreiber guarda dalla distanza, attraverso il vecchio schermo di un televisore, il trionfo agli Oscar del film con Sylvester Stallone. Il film si rifà alla sua vita, ma lui non ne fa parte. Allora giungerà il momento in cui deciderà di voler far parte della sua stessa vita, senza continuare a far sì che scelte sbagliate lo fuorviino dal vero Chuck Wepner, e così arriverà il giorno nella sua esistenza in cui deciderà di essere il vincitore e sarà quello il momento in cui diventerà lui il vero Rocky Balboa e allontanerà per sempre dalla sua persona il soprannome di sanguinolento (the bleeder) di Bayonne!
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