Recensione Omicidio al Cairo di Tarik Saleh, in arrivo il film premiato al Sundance
“Omicidio al Cairo” esce nelle sale italiane il 22 febbraio: dalla cronaca nera alla primavera araba.

“Omicidio
al Cairo” (“The Nile Hilton Incident”) è il terzo
lungometraggio di Tarik Saleh, regista nato a Stoccolma e di origine
egiziane. Premiato al Sundance Film Festival l'anno scorso, il film è
liberamente ispirato a un clamoroso fatto di cronaca nera, avvenuto
nel 2008 a Dubai, che ha scosso l'opinione pubblica.
Saleh
ambienta l'omicidio al Cairo, collocando gli eventi alla
vigilia della Rivoluzione del 2011.
Noredin
Mostafa (Fares Fares) è un detective abituato a
sguazzare negli ambienti corrotti della polizia. Arrotonda lo
stipendio, intascando mazzette, con la stessa noncuranza con cui
aspira il fumo della perenne sigaretta tra le dita.
Ha un padre
malato e una moglie perduta in un incidente.
La sua routine viene
messa in discussione con l'affidamento del caso di una popolare
cantante, trovata cadavere al Nile Hilton, lussuoso albergo dove
lavora la sudanese Salwa (Mari Malek) come addetta alle pulizie delle
camere.
Salwa è uno scomodo testimone oculare.
L'esperto
Mostafa sospetta presto dell'amante della cantante: un facoltoso
imprenditore, membro del parlamento e amico del figlio del Rais. Un
intoccabile. Tuttavia, l'indagine si complica con l'entrata in scena
di Gina (Hania Amar), amica della sfortunata ragazza, che ne denuncia
la scomparsa a indagine chiusa.
Il poliziotto si troverà al centro
di un intrigo che miete altre vittime e coinvolge i vertici della
sicurezza. Ma non solo.
L'epilogo è doppiamente doloroso. Conferma il disincato iniziale del protagonista e annuncia un futuro infausto, incorniciato in quel 25 gennaio del 2011 con la giovane popolazione che si
riversa compatta in piazza Tahir. Chiedono il pane e l'assistenza
sanitaria, la libertà e una giustizia equa.
“Omicidio
al Cairo” è il noir di un autore che conosce e ama sia i classici
letterari, che quelli cinematografici di riferimento.
Altro punto di
forza del film è la fotografia del Cairo, una metropoli affetta da contraddizioni: caotica e
corrotta, dal fascino millenario.
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