Recensione film Captive State
Cinema / Recensione - 26 March 2019 10:00
Con protagonisti John Goodman e Vera Fermiga.
La paura come elemento insito nell’uomo esercita un’attrazione primordiale che ha portato generazioni di cinefili a divorare ore ed ore di pellicole, intrattenendosi con film che a volte sono in grado di creare empatia ed in altre meno, a volte capaci di suggestionare. Nella storia moderna del cinema si è passati dal considerare terrore puro il mitico Nosferatu fino alla rappresentazione dell’amico vampiro innamorato, un cambiamento che ha spesso riguardato anche uno dei massimi arcani dell’umanità, la vita extraterrestre, la minaccia insita nello spazio che prima o poi raggiungerà la Terra.
Nella cinematografia si sono avute notevoli manifestazioni di questo arcano presagio, ed anche in questo caso si è passati dall’amico che cerca un telefono per chiamare casa fino ad invasori distruttivi. Tra le prime va certamente citare l’intramontabile Star Trek e l’accattivante Doctor Who mentre Captive State si schiera dalla parte della rappresentazione minacciosa di un alieno oppressore con l’inevitabile gruppo di eroi ribelli alla ricerca della libertà perduta, che non devono combattere solo la minaccia ma anche la paura in essa contenuta.
La trama del film Captive State con John Goodman e Vera Fermiga
La trama di Captive State narra le vicende di una famiglia che cerca di fuggire dalla città occupata dagli alieni. Alla fuga sopravvivono soltanto i due figli che quasi un decennio si ritroveranno uniti a lottare per la resistenza.
Dalla narrazione simile alla meno suggestiva serie tv Colony, anche in Captive State vengono realizzate trame sovversive dove la lotta per la libertà si confonde spesso a quella per la sopravvivenza e dove la ribellione alla sopraffazione può condurre i personaggi all’estremo sacrificio, come spesso accadeva nella più intraprendente cinematografia di guerra dove l’invasore seppur non alieno rappresentava le medesime minacce.
La limitazione delle libertà
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