Recensione film And then I go di Vincent Grashaw
Cinema / Recensione - 09 May 2018 08:40
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And then I go, diretto da Vincent Grashaw e presentato in anteprima al Los Angeles Film Festival, racconta il mondo di due adolescenti, prede facili dei bulli. La caratterizzazione psicologica dei protagonisti, così come l'ambientazione della provincia americana, borghese e sonnacchiosa - genitori che custodiscono armi in casa, ma incilini a parcheggiare i figli impegnativi - ricorda gli scenari drammatici di Elephant (2003) di Gus Van Sant (il massacro della Columbine High School è un riferimento menzionato) o … E ora parliamo di Kevin (2011) di Lynne Ramsay. Tuttavia, fa anche pensare al disagio di Christopher McCandless in Into the Wild - Nelle terra selvagge (2007), adattato per il grande schermo e diretto da Sean Penn.
Edwin (Arman Darbo) è un teenager intelligente e sensibile. Non riesce a dormire la notte, pensando a un nuovo giorno di scuola. Non ha profili social, non segue la tv, non ha amici. Tranne Fake (Sawyer Barth), altra vittima di bullismo, provvisto della rabbia giusta per esplodere. Fake è uno dritto, capace di reagire puntualmente ai suoi aguzzini, nonostante abbia sempre la peggio.
Edwin
lo ammira e gli vuole bene, come vuol bene al fratellino minore che,
capisce, sarà una vittima di bullismo con un'esperienza scolastica
anche peggiore della sua.
Sa vedere lontano Edwin. Il ragazzo ha
una passione per il disegno. Incompreso, tradito e sentitosi
scaricato da genitori, professori e preside, è un talento senza via
di uscita. Fake, infatti, sta progettando una strage.
Il finale non è consolatorio, ma offre una valida chiave per capire gli adolescenti. Non sono da colpevolizzare se non hanno una vita sociale, né quando non dimostrano istinti competitivi. Non funziona nemmeno relegarli in progetti scolastici speciali, pena l'inasprimento del disagio da isolamento. La strada è lunga, le ricette pronte inutili.
And then I go racconta una società di adulti prepotenti, incapaci di dare il buon esempio. Gli adolescenti sono trattati come bambini o, viceversa, come piccoli adulti. Il tutto con una tempistica schizofrenica. Impossibile non perdere l'orientamento.
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