Recensione del film I Only Rest in the Storm, di Pedro Pinho
Il film è presentato al Festival di Cannes
I Only Rest in the Storm, titolo originale "O Riso e a Faca", è un lungometraggio diretto da Pedro Pinho, presentato al Festival di Cannes 2025.
I film di questo regista indagano il rapporto fra lavoro, capitale e diritti umani: dal tema della dismissione delle fabbriche ne “The Nothing Factory” (2017) alla crisi delle piccole imprese in “São Jorge” (2016), fino al neocolonialismo ambientale di questo lungometraggio, in cui il regista analizza le contraddizioni degli interventi “umanitari” che a loro volta possono diventare strumento di dominio sulle popolazioni locali.
Trama e personaggi di I Only Rest in the Storm
Il protagonista Sergio è un giovane ingegnere, che arriva in Guinea-Bissau per lavorare per una ONG che si occupa di progetti di sviluppo e salvaguardia ambientale.
Il suo contributo, come quello degli altri membri della ONG, dovrebbe tendere all’eliminazione delle disuguaglianze sociali in questo paese giovane e fragile, che ha ottenuto l’indipendenza dal Portogallo solo nel 1973, ma come mostra Pinho, questa comunità di espatriati finisce involontariamente per riprodurre le stesse logiche di sfruttamento del neocolonialismo che voleva denunciare. Questo contrasto, tra buone intenzioni e realtà, evidenzia quanto sia sottile la differenza tra chi aiuta davvero e chi invece usa le politiche di intervento umanitario come strumento di dominazione neocoloniale.
Al centro di questa cornice politica si colloca il tema della crisi climatica e ambientale. La costruzione della strada tra il deserto e foresta, trattata nel film, non è solo l'attività su cui si concentrano gli sforzi della ONG, ma un simbolo di un equilibrio ecologico delicato che rischia di rompersi per tutelare gli interessi economici di pochi.
Al di là dei temi legati al colonialismo e alla salvaguardia ambientale, il cuore pulsante del film restano comunque le forti relazioni umane che si creano in un contesto di degrado e povertà. Nonostante la miseria di un paese, dove spesso mancano i servizi essenziali, fra le persone esplode un calore generoso: sorrisi spontanei, inviti a condividere il pasto, gesti di cura verso gli stranieri come verso i propri vicini.
Diára e Gui, coprotagonisti del film, incarnano questa senso profondo di accoglienza e umanità. Pur segnati dalle difficoltà quotidiane, riescono a stabilire con Sergio un legame di fiducia, confidenza e persino affetto. Sergio grazie anche alla loro vicinanza, costruisce gradualmente un percorso di consapevolezza, passando dall’arroganza benevola dell’occidentale abituato ad avere tutto alla vulnerabilità di chi si rende conto di essere impotente e non avere tutte le risposte.
Recensione di I Only Rest in the Storm
Pedro Pinho conferma con O Riso e a Faca, I Only Rest in the Storm, di essere uno dei registi più attenti e sensibili ai temi cruciali che attraversano il nostro tempo.
In O Riso e a Faca, Pedro Pinho non attacca solo il neocolonialismo, ma offre soprattutto un ritratto di vera umanità resistente alle difficoltà. Il film poi non suggerisce soluzioni facili, ma ci ricorda la forza delle relazioni autentiche tra le persone, fatte di semplici sorrisi, della condivisione di un pasto, di cura e assistenza reciproca. Come si capisce chiaramente alla fine del film, grazie anche alla potenza della fotografia di Pinho, in un mondo di contrasti politici, sociali e climatici, questa è la vera ragione per cui vale la pena restare.
In definitiva un film che colpisce e che vale la pena vedere per il suo forte messaggio emotivo e la grande potenza comunicativa del regista.
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