Recensione del film Uncertain, il lago delle 94 vite

Cinema / Recensione - 27 April 2017 07:30

Uncertain è il film che sta ottenendo successo di critica negli Stati Uniti.

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Uncertain è il film di Ewan McNicol e Anna Sandilands che è uscito a marzo 2017 negli Stati Uniti. Dopo aver ottenuto il premio al Tribeca Film Festival del 2015, è stato presentato al Museo MoMa di New York ed è stato acclamato dalla critica.

Uncertain è un paese di 94 abitanti al Harrison County nel Texas, al confine con la Luisiana. Si chiama così perché i geometri erano “incerti” su quale lato si trovasse con precisione. Il film alterna stile documentario a commedia: si passa dalle inquadrature possenti della natura, con le acque che spaccano la montagna, alla vita solitaria di una piccola comunità che non vuol abbandonare il lago accanto a cui cresce, Caddo Lake.

I cinghiali pascolano di notte, all’alba si va a pesca, si cucina il pesce gatto, e un felino mangia i rimasugli. Gli stessi abitanti parlano tra di loro, e i registi li filmano, facendo scivolare il documentario verso l’ironia per alcune battute naturali. Il lago poi prende il sopravvento, perché le erbacce che vi crescono minano anche la sopravvivenza degli abitanti.

A ciò si contrappone però il fervore turistico, tanto che lo stesso sito del comune indica Uncertain come “luogo di bellezza esotica, profondi segreti, ritrovo di fauna selvatica in cui coloro che hanno bisogno di tregua per le loro anime possono trovare armonia e la pace”.

La macchina da presa comincia ad indugiare sulle vicende degli abitanti, che sono le stesse di chi spera in un cambiamento ma lo teme. La vita del pescatore Henry è minacciata dall’infestazione dei parassiti del lago. L’ex detenuto Wayne passa le notti con un fucile, e con pazienza attende di uccidere “Mr. Ed”, una leggendario grande cinghiale. Il ventunenne Zach è diabetico e allontana la noia di provincia bevendo, anche se il medico lo ha avvertito che così morirà a 35 anni.

Il film evoca le tradizioni del cinema vérité, ma con un appeal che la rivista Hollywood Reporter ha apprezzato per come mostra un’ecosistema sull'orlo del crollo; il The New York Times ha ammesso che a immagini eloquenti si contrappongono storie anche repulsive. Per Variety i registi si sono avvicinati con umanesimo a simile problemi che altrimenti sarebbero rimasti sconosciuti. È anche questo il ruolo del moderno documentario, come “American Anarchist” di Charlie Siskel che racconta del libro “The Anarchist Cookbook” ritrovato nelle auto o appartamenti di alcuni attentatori isolati e disturbati; “Austerlitz” di Sergei Loznitsa, sul lento procedere di persone in visita al campo di concentramento; “Dark Night” di Tim Sutton, sulla strage durante l'anteprima del film “Batman The Dark Knight Rises”.

Un documentario mescola la verità alla finzione, il piccolo dolore che diventa clamore. “Uncertain” - visibile anche su iTunes, Google Play, Vimeo On Demand e Amazon - ne è un esempio. Tanto che i registi lavorano anche per la RSA Films di Ridley Scott dirigendo spot commerciali.

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