Recensione del film Star Wars - Gli ultimi Jedi

Cinema / Recensione - 13 December 2017 08:00

"Star Wars - Gli ultimi Jedi” è il film della saga diretto da Rian Johnson.

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Film Lady in the Lake - video

Star Wars - Gli ultimi Jedi (“Star Wars: The Last Jedi”, 2017) è il film da oggi nelle sale.

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In “Star Wars - Il risveglio della Forza” (2015) avevamo lasciato la giovane Rey (Daisy Ridley) dopo l’assassinio di Han Solo (Harrison Ford): lui fu ucciso dal figlio bifronte Kylo Ren (Adam Driver) che aspira ad un dominio dell'impero grazie al Lato Oscuro della Forza cui si è convertito.

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La giovane Rey, da semplice mercante di rottami vissuta nel pianeta Jakku sferzato dalla sabbia diviene così l’emblema del cambiamento, con invidiate capacità da spadaccina, e sopratutto grazie all’aiuto del soldato Finn (John Boyega) un uomo di colore che aumenta l’aspetto universale del film: non ci sono pigmenti della pelle o differenze sessuali tra uomo o donna per aspirare alla pace.

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In maniera indiretta è lei l’unica che potrà avvicinarsi alla Forza, creata da George Lucas nel 1977 e commista tra quella Odica del Barone Karl von Reichenbach visutto nell'800 e i principi del taoismo, shintoismo, druidismo e cristianesimo. La Forza è quell'equilibrio cui l'uomo aspira, il cui raggiungimento è faticoso è destabilizzante e ha i labili confini del male. Quello cui Kylo Ren - figlio anche della principessa Leia - si è accostato.

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Inconsciamente Rey avverte questa incombenza che però cerca di allontanare, quando alla fine dell’episodio precedente si trovava su una scogliera del pianeta oceanico Ahch-To, mentre in lontananza un uomo incappucciato guardava verso l’oceano. Lui era l’ormai anziano Luke Skywalker (Mark Hamill) - fratello di Leia - che si riteneva l’ultimo Jedi ma che in realtà potrebbe veicolare l’eredità proprio a questa giovane donna. D’altronde è lei ad essere stata abbandonata da bambina, con una motivazione narrativa abusata ma efficace ai fini della sua complessità psicologica: se non ha un passato, non sarà imbrogliata nei dubbi parentali che invece tutti gli altri protagonisti hanno.

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Il regista Rian Johnson in "Star Wars - Gli ultimi Jedi" riesce a ricreare l’amalgama giusto tra scene di formazione - infatti è Rey ad essere in costante allenamento - e azione, come in quelle in cui Finn insieme al membro della Resistenza Rose Tico (Kelly Marie Tran) s'intrufolano in un casinò e si servono del ladro DJ (Benicio Del Toro). Oppure tra i presunti pentimenti di Kylo Ren e le vorticose sequenze di lotta nello spazio.

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Questo episodio potrebbe essere considerato il più blando dei tre: se nel primo del 2015 c’era la rivelazione, ora si passa all’addestramento, così come era accaduto nei franchise con Luke Skywalker e poi quello di Anakin Solo. Johnson è a suo agio in questo episodio quasi scolastico, che in maniera anche troppo settaria divide le linee di racconto tra chi viene educata ad essere Jedi  (Rey) e chi lotta (tutti gli altri). Mentre il precedente film diretto da J.J. Abrams era eccentrico, così come il prossimo sarà di espiazione essendo diretto dal stesso Abrams.

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Ma Johnson sa sfruttare con preziosità i costumi fedeli di Michael Kaplan, le scenografie solenni di Rick Heinrichs facendoli collimare con i superbi effetti speciali di Bob Ducsay. A ciò si unisce la musica ormai orchestrale di John Williams, che collabora al film da “Guerre Stellari” (1977). L'unico difetto è nel montaggio approssimativo, tanto che spesso lasciamo i personaggi che stanno compiendo un'azione, per poi ritrovarli dopo alcuni minuti sempre in quel punto, come se il tempo non fosse trascorso.

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Il male - Lato Oscuro della Forza - è impersonato dallo sghembo Snoke (Andy Serkis), leader supremo  del Primo Ordine e maestro di Kylo Ren: fu lui che ha sottratto a Han Solo la paternità sul giovane, e che lo condusse ad assassinarlo. Una conversione che in questo film assume la fisionomia del terrorismo: può un soldato americano andare in Afghanistan e convertirsi alla religione talebana? Ciò era accaduto nella serie tv “Homeland”, e il passaggio ad un nuovo ordine morale è ciò cui Kylo Ren tende. Il suo transito è quello di chi abbraccia il male, dopo essere vissuto nell’onestà. Una seduzione che non può esser permessa agli Jedi, nati come ordine contemplativo che dopo la disfatta nella Battaglia di Ruusan si radunarono su Coruscant, dove fu costruito il Tempio Jedi. Erano i migliori filosofi, sacerdoti, guerrieri che si unirono per discutere le loro scoperte sulla Forza mistica. Se per diventare Jedi occorre impegno, sacrificio totale e dedizione ai propri doveri di Cavaliere, Kylo Ren educato da giovane come Jedi dal padre ora invece non solo lo ha tradito, ma ha beffeggiato l’intera comunità para-religiosa. E in questo film cerca di mentire a Rey, attraendola a sé.

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Da uomo rinnegato, Kylo Ren non può continuare in questo esercizio, tanto che ora il lascito va ad una donna, unica capace di generare un nuovo legame con la devozione verso la Forza, che in questo film diviene  simbolo della divinità suprema.

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E quindi è Rey a detenere il rispetto della religione, che invece lo spergiuro Kylo Ren ha rinnegato. Quasi una nuova genitrice, di una salvezza ancora incerta.

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