Recensione Cold Skin, dal bestseller di Albert Sanchez Pinol
Cinema / Recensione - 28 September 2018 08:00
In Vod, distribuito da Samuel Goldwyn Films.
Cold Skin (La Pell Freda, il titolo originale) segna il debutto letterario di Albert Sanchez Pinol, antropologo nato a Barcellona nel 1965. Il libro si è rivelato un bestseller internazionale. Dal romanzo sci-fi è stato tratto anche un adattamento cinematografico, diretto da Xavier Gens.
Distribuito da Samuel Goldwyn Films, Cold Skin è uscito nelle sale statunitensi, in concomitanza con la release in Vod, il 7 settembre.
Cold Skin pecca di un'ambiguità iniziale dello script ricompensata, solo in parte, dalla suggestiva location d'epoca. La storia, anche da un punto di vista cinematografico, ha molti spunti affascinanti. Tuttavia, il film si muove su un binario drammaturgico che finisce per diventare scontato. La sceneggiatura, infatti, non offre svolte significative, anzi si adagia sul lavoro immaginifico della fotografia, accontentandosi di devolvere l'insieme della resa al finale, peraltro abbozzato.
Ambientato nel 1914, la trama ha come protagonista Friend. Nel romanzo è un eroe della lotta per l'indipendenza dell'Irlanda, ma il film ne omette il passato, indebolendo il potenziale di empatia verso il personaggio interpretato da David Oakes. Da spettatore, lo conosciamo come un giovane, in fuga da un qualcosa di oscuro, determinato a prendersi un anno sabbatico dalla cosiddetta società "civilizzata".
Su un'isola, apparentemente disabitata, nel sud dell'Atlantico, Friend accetta l'impiego di osservatore meteorologico. In realtà, l'isola ha un altro ospite, un certo Gruner (Ray Stevenson). Un anziano guardiano del faro, diventato pazzo dagli anni di solitudine.
Gruner
vive con una misteriosa creatura anfibia. È Aneris (Aura Garrido),
una sorta di sirena, resa brutalmente schiava dal guardiano. Il
suo canto disperato richiama di notte i suoi simili: sembrano
creature mostruose, la pelle fredda, il sangue blu, che Friend e
Gruner combattono di notte, come disperati soldati di trincea.
Tuttavia, dietro la minaccia dei mostri, c'è la ciclica malvagità del comportamento
umano. Una natura maligna e recidiva, suggerisce il film, esacerbata dagli orrori della Prima guerra mondiale.
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