Mostra del Cinema di Venezia 2025, recensione film Duse
Scopri Duse, il film in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia
La vita dell'attrice Eleonora Duse (Valeria Bruni Tedeschi) è raccontata dal regista Pietro Marcello nelle ultime fasi della sua vita, tra la fine della prima guerra mondiale e l'ascesa del fascismo. Donna volitiva, dopo una pausa di alcuni anni, non accetta di restare lontana dal teatro, e con una compagnia porta in scena La donna del mare di Henrik Ibsen: nonostante il trionfo, è Sarah Bernhardt a farle comprendere che ora occorre raccontare qualcosa di più "necessario", e Eleonora decide di concentrarsi sulla pièce di un giovane autore – nonché soldato – Giacomino (Fausto Russo Alesi). Ma la prima è un disastro, ed Eleonora abbandona il giovane alle sue delusioni.
Quello che poteva essere il racconto dell'ultima fase della vita della diva italiana del teatro, assume toni troppo didascalici per sembrare vivi. Valeria Bruni Tedeschi infonde ferocia al personaggio, con un raro carisma: ma nulla può contro una sceneggiatura sfilacciata, che si focalizza su momenti ininfluenti – come la presenza di Benito Mussolini, che decide di concederle un vitalizio - tanto da non condurre a degli sviluppi. Anche il ritorno della Duse a teatro con La città morta dell'amante Gabriele D'Annunzio non si finalizza: se queste stesse opere sono anacronistiche – tanto che non ebbero successo nemmeno all'epoca, o negli anni successivi – era perché neanche il pubblico le apprezzava, relegate al cattivo gusto dell'arte di regime. In tal senso, occorreva mostrare ben altri momenti: il fatto che fosse la prima donna - e italiana - ad apparire sulla copertina della neonata rivista Time, a recitare a Pittsburgh in La porta chiusa di M. Praga, tanto che Charlie Chaplin la definì "un bambino dolente (…) l'artista perfetto". Tutto ciò manca nel film di Marcello, mostrando invece il volto più indigente della donna, come le sue difficoltà economiche, e i dissidi con la figlia.
Schede
S’intravede il senso di
libertà della Duse, il suo continuo bramare il palcoscenico, ma non basta per
rappresentare l'attrice il cui volto era l'unico presente in fotografia nella
camera di Marilyn Monroe, o per cui Meryl Streep – come affermato da lei -
scelse questo lavoro.
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