Babadook recensione film, un horror psicologico da incubo

Cinema / Recensione - 15 July 2015 13:00

Babadook, Jennifer Kent dirige un horror ansiogeno e claustrofobico, un'incubo che diventa realtà nella vita di una madre e del proprio bambino.

image
  • CONDIVIDI SU
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon

Serie tv I Leoni di Sicilia - video

Babadook film scritto e diretto da Jennifer Kent, regista australiana che ispirandosi al proprio pluripremiato cortometraggio “Monster”, ha messo a punto la sceneggiatura di questo lungometraggio d’esordio. 

Babadook trama. Sei anni dopo la morte del marito in un incidente stradale, Amelia non è ancora riuscita a superare il lutto. Cerca in ogni modo di crescere adeguatamente il figlio Samuel, nato la stessa notte di sei anni prima, un bambino molto agitato e fantasioso. I sogni di Samuel sono tormentati dalla presenza di un mostro che vuole uccidere sia lui che la madre. E quando un giorno trova in casa un libro che parla di Babadook, un strana creatura oscura, il bambino è convinto si tratti proprio del mostro che sognava. Le allucinazioni di Samuel aumentano, e Amelia è preoccupata per lo stato di salute del figlio, tanto che decide di somministrargli qualche medicina per tranquillizzarlo. Ma quando anche lei si accorge di una presenza sinistra che si aggira intorno a loro, capisce che forse non tutto quello detto dal bambino è frutto dell’immaginazione.

Babadook recensione. È risaputo che per girare un horror di una certa caratura l’essenziale sia riuscire a trovare il modo di tenere lo spettatore in tensione per tutta la durata del film, in modo tale che non siano necessari choc improvvisi, ma lasciando crescere ansia e terrore servendosi del contesto (un po’ come la suspense hitchcockiana, anche se qui l’ispirazione più evidente viene da Polanski). Jennifer Kent riesce a fare tutto questo nella sua pellicola d’esordio grazie ad una sceneggiatura oculata, inquadrature ricercate e ad un’interpretazione incredibile dei due protagonisti Essie Davis e il giovane Noah Wieseman. Ma le peculiarità non finiscono qui, infatti la pellicola rivela una profondità narrativa inaspettata; alla regista affascina molto il mondo della mente, soprattutto il lato subconscio, e ciò le permette di cambiare più volte registro al film, da horror a thriller psicologico, e viceversa. Si addentra nel pensiero di una madre che reprime la sofferenza per anni, una donna che non riesce ad amare il figlio poiché “causa” della morte del marito, l’uomo della sua vita. Una viaggio nell’inferno e nelle paure più recondite, una storia che dopotutto ricorda come sia complesso a volte essere genitori; e quel che accade quando una madre, simbolo per antonomasia di amore e cura, nasconde dentro di sé un lato oscuro, può essere davvero terrificante.

© Riproduzione riservata



Seguici su

  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon
  • icon